I risultati di un trial di fase III internazionale suggeriscono come, rispetto alla chemioterapia standard, la terapia con decitabina migliori in modo significativo la qualità della vita dei pazienti anziani con leucemia mieloide acuta.

Come migliorare la qualità della vita dei pazienti anziani con leucemia mieloide acuta? Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Blood suggerisce una risposta. Il lavoro riporta infatti i risultati di un trial clinico di fase III che ha coinvolto diversi centri di ricerca a livello internazionale, tra cui GIMEMA: il confronto tra la terapia chemioterapica classica e la terapia basata sulla decitabina mostra come quest’ultima possa migliorare la qualità della vita dei pazienti, che hanno così maggiori probabilità di continuare il percorso terapeutico.

“La leucemia mieloide acuta è più frequente in persone anziane che possono avere, quindi, difficoltà a tollerare trattamenti aggressivi come la chemioterapia”, spiega Fabio Efficace, a capo del GIMEMA Working Party Quality of Life e primo autore dello studio. “Con l’obiettivo di cercare un trattamento altrettanto efficace ma meno aggressivo, abbiamo confrontato l’attuale standard terapeutico (la chemioterapia intensiva) con la somministrazione di decitabina per verificarne tollerabilità ed effetti sulla qualità di vita”. Quest’ultima è definita secondo criteri precisi, comprendenti una valutazione sull’eventuale peggioramento di fatica, dolore, funzionalità fisica e capacità di svolgere le attività quotidiane.

La decitabina è un farmaco antitumorale che agisce su specifici enzimi coinvolti nell’espressione genica, favorendo l’espressione di geni oncosoppressori. Nel nuovo studio, randomizzato, la sua somministrazione è stata confrontata con la chemioterapia su 600 pazienti.

“I risultati mostrano chiaramente come, a breve termine (a due mesi dall’inizio della terapia), la qualità della vita dei pazienti che avevano ricevuto il trattamento con decitabina migliori. Inoltre, abbiamo osservato anche un secondo risultato importante nel sottogruppo di pazienti (circa il 40%) che dopo queste terapie riceveva il trapianto. Ovvero, la qualità della vita post-trapianto nei pazienti precedentemente trattati con decitabina era migliore rispetto ai pazienti precedentemente trattati con chemioterapia. È un risultato che avvalora ancora di più i risultati di questo trial internazionale”, spiega Efficace.

Insomma, i risultati di questo studio, il più ampio nel suo genere condotto finora, suggeriscono che all’attuale chemioterapia intensiva usata per il trattamento d’induzione standard nei pazienti anziani con leucemia mieloide acuta sia preferibile il trattamento con decitabina. “Naturalmente, è importante precisare che a questi vantaggi in termini di qualità di vita corrispondono dati di efficacia clinica sovrapponibili a quelli della chemioterapia”, commenta il ricercatore.

Un ulteriore vantaggio della decitabina è la sua disponibilità in formulazioni somministrabili per via orale. Questo potrebbe consentire un trattamento domestico, senza la necessità delle infusioni in ospedale. “I prossimi passi potrebbero dirigersi proprio in questa direzione, valutando gli effetti della somministrazione orale di decitabina, verificando se i benefici in termini di qualità della vita possano essere addirittura più grandi”, conclude Efficace.

 

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L’articolo scientifico, pubblicato su Blood, è disponibile a questo link:

https://doi.org/10.1182/blood.2023023625