I risultati di un sondaggio hanno evidenziato un buon grado di soddisfazione nei pazienti affetti da malattie del sangue. Restano però dei punti da migliorare.
____
Durante il periodo del primo lockdown, per ridurre gli accessi in ospedale e le probabilità di contagio, molti controlli medici in presenza sono stati convertiti in visite da remoto attraverso servizi di telemedicina. Uno di questi ha coinvolto i pazienti con neoplasie mieloproliferative croniche (trombocitemia essenziale, policitemia vera e mielofibrosi) e quelli con piastrinopenia immune in cura all’Istituto di Ematologia “Seràgnoli” dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Orsola Malpighi.
Il grado di soddisfazione dei pazienti che hanno preso parte al progetto è stato valutato attraverso un questionario che ha misurato l’adeguatezza dell’assistenza ricevuta. I risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista British Journal of Haematology.
L’implementazione delle visite in telemedicina ha reso possibile la trasformazione di circa il 75% dei controlli programmati tra il 9 marzo e il 4 maggio 2020 in appuntamenti telefonici. “La visita telefonica è stata riservata ai pazienti più giovani e con una patologia ben controllata”, spiega a GIMEMA informazione Francesca Palandri, dirigente medico della struttura e promotrice del progetto di telemedicina. “I pazienti che hanno continuato ad accedere in ospedale per le visite sono stati quelli più anziani, per cui non era possibile portare avanti un progetto di telemedicina. O quelli che avevano una malattia attiva o resistente alle terapie in atto, e che quindi necessitavano assolutamente di una visita in presenza. Abbiamo inoltre visitato in presenza quei pazienti che assumono farmaci sperimentali all’interno di uno studio clinico e avevano bisogno di un monitoraggio ematologico molto stretto”.
I pazienti coinvolti nel progetto sono stati invitati a rispondere a un questionario di soddisfazione di 16 domande, su quattro temi: l’adeguatezza dell’assistenza medica, l’impatto psicologico rispetto alla visita in presenza, l’adeguatezza del sistema e i possibili vantaggi in relazione a un eventuale uso futuro della telemedicina.
Al sondaggio ha risposto circa il 24% dei pazienti.
“Complessivamente, è emerso un buon livello di soddisfazione.
Percepito in misura minora dalle donne, dai pazienti più anziani e da quelli con una neoplasia mieloproliferativa rispetto a quelli con la piastrinopenia immune, una patologia non neoplastica. Questa è una differenza che dipende dal diverso carico della malattia”, commenta i risultati la dottoressa. “È stato riconosciuto come un punto fondamentale di gradimento il valore dell’equipe medica dedicata alla cura della patologia, già nota al paziente”.
Dal sondaggio è stato possibile evidenziare anche dei punti da perfezionare:
“Quasi tutti ci hanno segnalato che la mancanza del contatto fisico durante la visita ha costituito il più grosso limite nell’utilizzo della telemedicina. Un aspetto che rappresenta bene come la cura ematologica vada ben oltre la semplice valutazione degli esami di laboratorio e coinvolga una relazione medico-paziente globale, che può essere difficoltosa nella telemedicina.
Un altro elemento da migliorare è l’implementazione di un sistema informatico che permetta anche ai pazienti più anziani e meno pratici di avere una buona interazione. E possibilmente l’utilizzo di un supporto visivo, come il video, che possa favorire l’empatia del rapporto medico-paziente. Infine, è fondamentale attuare in modo formale la telemedicina a livello ospedaliero con il pieno consenso del paziente, per agevolare le procedure amministrative e minimizzare i contenziosi medico-legali”, conclude Palandri.