Perché la salute mentale è così importante, soprattutto per i pazienti onco-ematologici? Che cos’è la psico-oncologia e come si accede a questi servizi? Vediamolo insieme
Rivendicare l’importanza della salute mentale è, finalmente, una priorità a livello globale. In effetti, il tema della Giornata mondiale per la salute mentale del 2022, promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e tenutasi il 10 ottobre scorso, è proprio quello di “fare della salute mentale e del benessere per tutti una priorità globale”. Questa urgenza vale anche per i pazienti onco-ematologici: la diagnosi di tumore e ciò che ne consegue, infatti, può avere un forte impatto, che va al di là del solo funzionamento fisico dell’organismo, coinvolgendo la loro dimensione psicologica, emozionale, sociale, culturale e spirituale e influenzando la loro qualità di vita. È per questo che negli ultimi decenni si sono affermati approcci che tengano in considerazione e agiscano sulla sfera psicosociale delle malattie oncologiche: vediamo cosa sono, perché sono importanti soprattutto per i pazienti ematologici e come vi si può accedere.
Qualche numero e la necessità della psico-oncologia
I tumori sono malattie estremamente eterogenee, ma, qualunque sia la diagnosi, la prognosi o la risposta ai trattamenti, hanno sempre un impatto sulla persona che ne è colpita e sui suoi familiari, coinvolgendo tutti gli aspetti della vita, che vanno dal rapporto con il proprio corpo, alle proprie credenze sulla malattia e sulla sofferenza, alle relazioni interpersonali.
Numerosi studi hanno dimostrato che oltre la metà dei pazienti oncologici presenta il cosiddetto “distress” o disagio psicologico, un’esperienza emotiva sgradevole di tipo psicologico, sociale o spirituale che può interferire con la capacità di affrontare efficacemente il cancro, i suoi sintomi fisici e i trattamenti. Il disagio psicologico è caratterizzato, in particolare, dalla presenza di ansia, depressione e difficoltà di adattamento (si stima che il 20% delle persone con tumore risulti affetto da depressione e il 10% da ansia) che possono avere influenze negative su numerosi aspetti della salute del paziente.
La presenza di disturbi di carattere psicologico è stata associata a una riduzione della qualità della vita, alla compromissione delle relazioni sociali, a tempi di riabilitazione più lunghi e a scarsa aderenza ai trattamenti: ciò dimostra che i bisogni dei pazienti oncologici vanno al di là della sola componente fisica della malattia.
“Questi dati hanno valenza plurima”, spiega a GIMEMA Informazione Leonardo Potenza, professore associato della Cattedra di Ematologia di Modena, nel Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche materno-infantili e dell’adulto dell’Università di Modena e Reggio Emilia. “Da un lato, dicono che soffrire di disagio psicologico durante una neoplasia maligna sia frequente. Dall’altro, devono far riflettere sul fatto che manifestazioni reattive come ansia e depressione, in un terzo delle persone, diventano un ulteriore problema clinico che incide severamente sulla qualità della loro vita – come se non fosse già abbastanza turbata dalla malattia oncologica – e che necessita ulteriori provvedimenti terapeutici”.
“Sono situazioni in cui è normale che si provi maggiore disagio psicologico”, aggiunge Gabriella De Benedetta, psico-oncologa nel Dipartimento di Ematologia dell’Istituto Nazionale Tumori – IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli, vicepresidente della Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO) e sua referente per l’oncoematologia. “Tuttavia, a volte il fatto che sia normale, fa credere ai pazienti che non si debba intervenire: non è affatto così. Prendiamo ad esempio l’esperienza della diagnosi di tumore: si tratta di un evento, spesso traumatico, che destabilizza la vita dei pazienti e dei loro familiari e che può provocare un forte stress e difficoltà di adattamento alla nuova situazione”.
È per queste ragioni che negli ultimi anni si è delineata sempre di più la necessità della psico-oncologia, disciplina che si interfaccia tra l’oncologia e la psicologia e la psichiatria, con lo scopo di occuparsi dell’impatto psicologico e sociale del tumore sul paziente e la sua famiglia attraverso percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione psico-sociali.
I pazienti ematologici e l’accesso ai servizi
E per quanto riguarda i malati ematologici? Alcuni studi hanno trovato che non vi sono grandi discrepanze tra l’incidenza del disagio psicologico tra i pazienti oncologici e quelli onco-ematologici: i numeri visti prima sono simili per entrambe le categorie di tumori. Alcune differenze, tuttavia, ci sono: “Il paziente ematologico ha bisogni diversi rispetto ad altri tipi di malattie oncologiche”, spiega De Benedetta. “Fermo restando che ogni diagnosi di tumore ha un impatto traumatico sul paziente e sui suoi familiari, per i pazienti ematologici è fondamentale un colloquio nella fase diagnostica oltre che all’inizio del trattamento, perché di solito le conoscenze che ha la popolazione generale riguardano i tumori solidi e le informazioni iniziali possono essere interpretate erroneamente.
Un paziente con una diagnosi di tumore ematologico si può sentire disorientato da ciò che gli viene riferito o da quello che dovrà affrontare: per esempio il concetto di non operabilità del proprio tumore, il dover andare incontro a terapie con lunghezze e intensità totalmente diverse da quelle dei tumori solidi, oppure il fatto di essere più vulnerabile a infezioni e complicanze che coinvolgono il sistema immunitario. Cambia la concettualizzazione della malattia stessa e queste caratteristiche modificano di conseguenza l’intervento psico-oncologico. È per questo che in ogni reparto di onco-ematologia ci dovrebbe essere uno specialista in psico-oncologia, a garantire un’ottimale presa in carico del paziente”.
I dati epidemiologici, le evidenze scientifiche e le esperienze della pratica clinica parlano chiaro: per un malato onco-ematologico i servizi di psico-oncologia sono fondamentali. Come fare ad accedervi? A partire dal 2017 l’assistenza psicologica fa parte dei livelli di assistenza essenziali (Lea): la psicologia ospedaliera è quindi entrata a far parte delle prestazioni sanitarie indispensabili a carico del sistema sanitario nazionale. Tuttavia, la psico-oncologia rientra nel più generale livello dell’assistenza psicologica: ciò vuol dire che la figura dello psico-oncologo non è sempre garantita in ogni struttura sanitaria. Comunque sia, in molti ospedali e centri di cura sono attivi specifici centri di psico-oncologia: la SIPO ne ha redatto un elenco aggiornato, regione per regione; in centri più piccoli, quando il servizio c’è, è più frequentemente offerto da associazioni di pazienti.
“Nei centri di cura i pazienti possono richiedere da soli supporto psicologico, ma dovrebbe essere il medico che propone al paziente il supporto psicologico o psichiatrico. Tuttavia, una recente relazione dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) dimostra che, per quanto migliorata l’attenzione dei clinici al disagio psicologico, le richieste di invio dei pazienti sono ancora limitate. Un ulteriore supporto alla diffusione e utilizzo della psico-oncoematologia ospedaliera, può essere lo sviluppo e la diffusione sia in oncologia sia in ematologia delle cure palliative precoci.
Si tratta di un modello assistenziale integrato e multidisciplinare che prevede l’integrazione precoce di cure palliative nel percorso di cura dei pazienti con cancro, sin dalla diagnosi, con l’obiettivo di prevenire, indentificare e trattare i sintomi invalidanti fisici e psicologici di pazienti e familiari che affrontano tali percorsi di cura”, spiega Potenza.
In effetti, molti pazienti che beneficerebbero di questi interventi in realtà non li ricevono e spesso, ancora oggi, i bisogni psicosociali non vengono rilevati e trattati in modo opportuno. “È per questo motivo che la SIPO si sta impegnando da tempo nel riconoscimento della figura dello psico-oncologo che si sta realizzando a livello regionale”, aggiunge De Benedetta: nel 2019, infatti, la regione Lazio ha approvato proposta di legge che prevede la presenza obbligatoria, negli ospedali della regione, della figura dello psico-oncologo all’interno del gruppo multidisciplinare che si occupa del paziente oncologico e onco-ematologico. Quello che si auspica la SIPO è vedere tale misura applicata a livello nazionale.
Cambiare la narrativa sulla salute mentale
La salute mentale è fondamentale per le persone con malattie onco-ematologiche e per il loro benessere, anche se, nonostante l’importanza che ha acquisito nel corso del tempo, spesso si scontra ancora con stigma, pregiudizi e narrative che ostacolano il raggiungimento di una efficace presa in carico del paziente.
“Normalizzare gli interventi psicologici è una necessità cruciale in onco-ematologia, perché questi ultimi migliorano la qualità di vita, le relazioni e le capacità di adattamento dei pazienti, quando ciò non avviene la narrativa dominante è quella di ‘devo essere forte’, di non aver bisogno di questo tipo di aiuto”, afferma De Benedetta.
Non solo: spesso l’importanza data alla salute mentale può essere fraintesa, con esiti ben peggiori sullo stato psico-fisico dei pazienti e dei loro familiari.
“Siamo abituati a pensare che affrontare una malattia con spirito ‘sereno’ o ‘positivo’ incida sull’esito favorevole delle cure, ma non è così: questa convinzione, oltre a non avere supporto scientifico, ha l’immenso effetto collaterale di ritenere le persone responsabili del proprio destino sia nella buona, ma soprattutto nella cattiva sorte, con gravi implicazioni sul senso di fallimento e di colpa personale”, puntualizza Potenza.
“Il tono dell’umore non incide in alcun modo sulla guarigione o sulla mortalità, ma influenza severamente la qualità della vita di una persona durante la malattia, rendendo la condizione ancora più difficilmente sostenibile: è per queste ragioni – e non altre – che l’attenzione alla salute mentale del paziente è estremamente necessaria”.