Approvata il 5 dicembre scorso, la legge sull’oblio oncologico sancisce un grande cambiamento culturale nei confronti degli ex pazienti oncologici. Attesi dal ministero della Salute i decreti attuativi.
Siamo nel 2019. Davide, un vitale uomo sulla cinquantina, varca la soglia della sua banca. Fino a quel momento non ha mai avuto necessità di prestiti o simili – è nella fase della vita in cui, se si è fortunati, si tende a vendere, piuttosto che comprare, racconta a GIMEMA Informazione – ma ha deciso di acquistare un’automobile e quindi ha intenzione di chiedere un finanziamento: si parla di piccole somme, sui 10.000€. Quello che Davide non sa è che generalmente gli istituti bancari, per concedere il prestito, richiedono la stipula di una polizza che assicura all’ente erogatore un supporto qualora il beneficiario del prestito non sia più nella condizione di restituire il denaro ricevuto. Insomma, se qualcosa va male e chi ha ricevuto il finanziamento non può più restituire i soldi, c’è un’assicurazione che lo copre e che tutela l’istituto bancario. Mentre Davide discute del suo finanziamento, apprende che per lui la concessione del prestito è molto difficile. Il motivo? In passato ha avuto un linfoma, condizione che, tra le altre cose, lo esclude dalla possibilità di stipulare un’assicurazione. Il paradosso è che Davide ha avuto quel tumore più di vent’anni prima, e a livello clinico è ritenuto guarito. Nonostante ciò, Davide non può stipulare l’assicurazione, come i numerosi ex pazienti oncologici italiani che, seppur guariti dal loro tumore da anni o decenni, hanno difficoltà a ottenere prestiti, accendere mutui o ad accedere a processi di adozione.
Adesso, però, ci sono le basi perché le cose possano cambiare: il 5 dicembre 2023, infatti, il Senato della Repubblica Italiana ha approvato il testo della legge “Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche” che garantisce alle persone guarite da una patologia oncologica (se il trattamento attivo è concluso da più di dieci anni senza recidive e da cinque in caso la malattia si fosse manifestata prima dei ventuno anni), il diritto di non fornire informazioni e di non essere sottoposte a indagini sulla loro precedente condizione, tutelando il cosiddetto diritto all’oblio oncologico.
Il Davide della nostra storia è Davide Petruzzelli, ex paziente oncologico e presidente de La Lampada di Aladino, associazione che ha l’obiettivo di supportare i malati oncologici e i loro familiari. Secondo Petruzzelli, l’approvazione della legge
“vuol dire moltissimo, perché significa essere guariti anche a livello sociale e culturale. Dopo un certo numero di anni, si può tornare a usufruire di tutti quei diritti basilari della nostra società, di cui oggi noi ex pazienti oncologici non godiamo”.
Cancro, malattia da cui si può guarire
Entrata in vigore lo scorso 2 gennaio e risultato di un processo durato anni, promosso da diversi attori tra cui soprattutto la Federazione Associazioni di Volontariato Oncologico (FAVO), questa legge, oltre che un traguardo, rappresenta al tempo stesso un punto di partenza che mira a un futuro privo di stigma e discriminazioni nei confronti di pazienti ed ex pazienti oncologici, i cui numeri sono in costante incremento. Come riporta il documento “I numeri del cancro in Italia” dell’Associazione italiana di Oncologia Medica (AIOM), infatti, il numero di persone vive dopo una diagnosi di cancro aumenta anno dopo anno: nel 2020 in Italia erano oltre 3 milioni e seicentomila, circa il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima. Tra di esse, vi sono anche quelle che, con ragionevole probabilità, possono essere considerate guarite: si tratterebbe, secondo recenti stime, di circa un milione di persone.
Ma cosa vuol dire questo termine, troppo spesso sottoutilizzato in oncologia? Un paziente con una pregressa patologia oncologica è definito guarito quando, a livello statistico, il suo rischio di morte è sovrapponibile a quello di persone della stessa età e sesso nella popolazione generale.
In sostanza, quando la sua probabilità di morire per qualunque causa non è superiore a quella di chiunque altro della stessa età – per ovvie ragioni legate all’aumento di mortalità per tutte le cause man mano che passano gli anni – e dello stesso sesso – per via della documentata differenza di mortalità tra uomini e donne della stessa età. A questo punto emerge un aspetto da chiarire: spesso si parla di patologie oncologiche a livello generale, ma non bisogna dimenticare che, in realtà, il termine cancro racchiude in sé numerose malattie, anche molto diverse tra loro, per tipologia, sede colpita, profilo molecolare, decorso clinico, risposte ai trattamenti e così via. “Basti solo pensare che i linfomi non Hodgkin sono sotto-classificati in più di settanta forme differenti, e numeri dello stesso ordine di grandezza vi sono anche per i tipi diversi di tumori della mammella, solo per fare qualche esempio”, sottolinea Petruzzelli. Sulla base di questo, ogni volta andrebbero definiti tempi differenti per considerare una persona guarita da un determinato tumore. Tuttavia, facendo una stima dei dati statistici riguardanti le differenti malattie oncologiche, nella stragrande maggioranza dei casi un soggetto libero da malattia oltre i dieci anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerato realmente guarito.
Per molti malati di cancro, quindi, il rischio di mortalità diventa lo stesso della popolazione generale entro cinque/dieci anni dalla diagnosi; questi tempi si riducono significativamente quando ci si riferisce alle neoplasie insorte nell’età infantile ed adolescenziale, in cui può essere ragionevolmente ridotto a cinque anni.
Alla luce di ciò emerge con forza come un tumore non sia più, in molti casi, un male incurabile o con cui, tutt’al più, poter convivere, ma una malattia da cui è possibile guarire completamente.
Tuttavia, tale cambio di paradigma a livello clinico non è stato accompagnato da un cambiamento a livello socio-culturale: una precedente diagnosi di cancro è ancora considerata equivalente a un’aspettativa di vita più bassa, anche quando in realtà le statistiche smentiscono questa convinzione, sottolinea il documento AIOM. Lo stigma, quindi, indipendentemente dalle condizioni degli ex pazienti, permane e, come riporta la quattordicesima edizione dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, redatta da FAVO, la guarigione non coincide con il ripristino di tutte le condizioni della persona prima della malattia, non solo sul piano clinico, ma anche su quello sociale, economico e professionale. Eppure, i pazienti guariti e lungoviventi (cioè quelli che non presentano malattia ma in cui il tempo dalla diagnosi è ancora troppo breve per poter ipotizzare una guarigione) dovrebbero riacquisire diritti analoghi ai soggetti sani, accompagnati da un completo reinserimento nel mondo lavorativo, da un corretto accesso ai percorsi riabilitativi e ai percorsi di prevenzione terziaria e, in sostanza, da un abbattimento di qualsiasi azione discriminatoria.
La lunga strada che ha portato alla legge sull’oblio oncologico e l’attesa per la sua applicazione
Perché le persone guarite dal cancro possano davvero tornare alla vita normale e non subire discriminazioni, quindi, è emersa la necessità di un intervento normativo, sollevata per prima nel nostro Paese proprio da FAVO. “Anni fa abbiamo cominciato a parlare, per gli ex pazienti oncologici, delle difficoltà di accesso a mutui e assicurazioni, cioè quello che può servire nella vita reale dopo un tumore, che può essere un finanziamento anche per le cure, purtroppo, ma anche per comprare una casa o per avviare un’attività commerciale”, spiega a GIMEMA Informazione l’avvocata Elisabetta Iannelli, segretario generale di FAVO. “E quindi abbiamo cominciato a focalizzare l’attenzione anche su ciò che non è strettamente legato ad aspetti sanitari della malattia, ma a quelli sociali”.
Dopo che nel 2005 aveva cominciato a sollevare il problema in contesti europei, nel 2017 la FAVO ha iniziato a portare avanti tali istanze in Italia, approfondendo soprattutto la tematica delle assicurazioni vita. Nel corso degli anni, la necessità si è trasformata in un movimento, che si è affermato con forza anche in Europa. La Francia, infatti, è stato il primo Paese a stabilire per legge che le persone che hanno avuto una diagnosi oncologica, trascorsi dieci anni dalla fine dei trattamenti (o cinque per coloro che hanno avuto il tumore prima della maggiore età) non siano tenute ad informare gli assicuratori o le agenzie di prestito sulla loro precedente malattia. Dopo la Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo hanno adottato norme simili. Intanto, nel 2021, la Commissione europea ha delineato il cosiddetto “Piano europeo di lotta contro il cancro“, che include la protezione del “diritto all’oblio”. Inoltre Parlamento europeo, il 16 febbraio 2022, ha adottato una relazione che chiede agli Stati membri di garantire il diritto all’oblio.
Contestualmente, in Italia, diversi attori oltre FAVO – tra cui AIOM, Fondazione AIOM e Fondazione Veronesi – hanno iniziato a trattare il tema dell’oblio oncologico anche attraverso campagne di sensibilizzazione, attirandone l’attenzione dell’opinione pubblica; inoltre FAVO ha istituito un gruppo di lavoro multidisciplinare per redigere una proposta di legge che rispecchiasse le esigenze degli ex pazienti oncologici. A partire dal febbraio 2022, in effetti, sono state presentate diverse proposte di legge da interlocutori differenti e, dopo diverse vicissitudini legate anche al cambio di legislatura che hanno contribuito a rallentare questo processo, sono state poi unificate in un solo testo, discusso e approvato alla Camera dei Deputati il 3 agosto 2023 e poi al Senato. In entrambi i casi, racconta Iannelli, “c’è stata un’approvazione unanime e trasversale, cosa che gli stessi parlamentari riconoscono essere più unica che rara”. Insomma, una legge fortemente sentita da tutte le parti, senza distinzione di colori politici.
“La nostra è una legge che tra l’altro va anche un po’ oltre quelle che sono le analoghe leggi di altri Paesi europei perché, mentre questi ultimi si sono focalizzati esclusivamente sull’aspetto assicurativo e finanziario, noi abbiamo esteso la tutela contro le discriminazioni anche in ambito lavorativo, o per la possibilità di adottare un figlio”, aggiunge l’avvocata.
Dopo anni, questa legge sul diritto all’oblio oncologico sembra quindi sancire quel cambiamento di paradigma culturale tanto auspicato per le persone guarite dal cancro. “Intanto è un messaggio di speranza per coloro che stanno affrontando la malattia. Per la prima volta, infatti, è scritto in una legge, nero su bianco che di cancro si può guarire: è un messaggio dirompente, da un punto di vista culturale e sociale”, afferma Iannelli.
“È un messaggio dirompente per quelli che guariti ancora non sono ma che guariti saranno e quindi possono progettare la vita avendo come obiettivo quello della guarigione, è un messaggio dirompente per i guariti, che possono tornare pienamente alla vita prima del tumore e ha effetto anche nella percezione da parte degli altri, perché non guardano più i pazienti e gli ex pazienti come morti che camminano, ma come persone che sono nella società e nel mondo reale”.
Nonostante questo traguardo, la legge pur se vigente, per essere pienamente operativa deve essere attuata, sono infatti attesi quattro decreti ministeriali (emanati dai ministeri della Salute, della Giustizia e del Lavoro e delle Politiche Sociali) e due deliberazioni (del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e dell’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni) che sanciranno le definizioni e le modalità di applicazione della nuova norma. In particolare, il primo decreto attuativo, il cui termine era a 60 giorni dall’approvazione della legge, il 2 marzo scorso, deve essere emanato dal ministero della Salute per regolare le modalità e le forme per certificare la guarigione. Nel secondo, con scadenza il prossimo 2 aprile sempre dal ministero della Salute, si indicheranno i tumori per cui i pazienti si considerano guariti in termini più brevi rispetto a quelli generali di dieci e cinque anni. Tuttavia, come ricorda Iannelli, si tratta di scadenze non perentorie, e non capita di rado che decreti attuativi vengano emanati dopo i termini previsti.
Nel frattempo, FAVO e l’ Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (AIMaC) hanno pubblicato una brochure sul Diritto all’oblio oncologico, di supporto a chi vuole saperne di più su questo tema. Comunque, l’attesa non dovrebbe essere ancora lunga: il 6 marzo scorso Saverio Cinieri, presidente di Fondazione AIOM ha annunciato che i decreti sono in dirittura d’arrivo. Questo vorrebbe dire, finalmente, muoversi nella direzione di abbattere le discriminazioni nei confronti degli ex pazienti oncologici, e non solo.