Presentato al 25° congresso EHA uno studio che dimostra come l’analisi dei cromosomi delle cellule tumorali sia fondamentale per definire le terapie nei pazienti con leucemia linfatica cronica.
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L’efficacia delle cure per la leucemia linfatica cronica è strettamente associata alla struttura dei cromosomi – il cariotipo – delle cellule leucemiche. È quanto emerge dal lavoro presentato da un gruppo di lavoro coordinato da Antonio Cuneo, professore dell’Università di Ferrara e di Parma, il 12 giugno scorso al congresso annuale della European Hematology Association (EHA).
Lo studio GIMEMA sottolinea l’importanza dell’analisi del cariotipo per mettere a punto trattamenti efficaci alternativi alla chemioterapia.
Per cariotipo si intende l’insieme delle caratteristiche dei cromosomi, ovvero dimensione, forma e numero. Nelle cellule di alcuni tumori il cariotipo può presentare delle anomalie e, se presenta almeno tre alterazioni, viene definito cariotipo complesso. È noto in letteratura che le leucemie le cui cellule presentano un cariotipo complesso sono in genere più difficili da trattare.
L’obiettivo dello studio clinico GIMEMA LLC1114 è valutare l’impatto del cariotipo sull’efficacia del trattamento con un nuovo farmaco biologico (ibrutinib), associato a un altro farmaco (rituximab).
In particolare, lo studio ha analizzato casi di pazienti con leucemia linfatica cronica debilitati, ovvero che non possono essere trattati con farmaci più forti o che non possono sottoporsi a trapianto di cellule staminali. Ibrutinib e rituximab sono infatti due farmaci che permettono un trattamento che si tollera meglio rispetto alla chemioterapia perché, a differenza di questa, non colpiscono tutte le cellule ma sono selettivi nei confronti di quelle leucemiche. Queste terapie hanno quindi meno effetti collaterali, e l’uso in combinazione dei due farmaci è stato recentemente approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa statunitense che regolamenta prodotti alimentari e farmaceutici.
Nello studio i ricercatori hanno analizzato il cariotipo in 102 campioni di sangue periferico di pazienti con leucemia linfatica cronica trattati con ibrutinib e rituximab. I pazienti sono stati seguiti per un periodo medio di 40 mesi per valutare la sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival, PFS), cioè senza peggioramenti della malattia. I cariotipi delle leucemie dei 102 pazienti seguiti erano normali nel 14,7% dei casi. Avevano invece una singola lesione nel 41,2% dei casi, due lesioni nel 16,7%, e tre o più lesioni (cariotipo complesso) nel 27,4% dei casi. Dei 28 pazienti con cariotipo complesso, 10 avevano cinque o più lesioni. I risultati mostrano che la PFS era significativamente più breve nei pazienti con cariotipo complesso rispetto agli altri, ma non si sono registrate differenze nella PFS tra cariotipi con più di tre lesioni e con più di cinque.
“Questi dati – spiega Antonio Cuneo – per la prima volta dimostrano che mentre la maggior parte dei pazienti trae un beneficio ottimale da questa nuova terapia combinata, una minoranza con il cariotipo complesso può perdere la riposta al trattamento prima degli altri.
Questi pazienti devono quindi essere seguiti con grande attenzione perché, in caso di perdita di risposta, è utile utilizzare farmaci alternativi oggi disponibili e molto efficaci, come ad esempio venetoclax”.