Nella pratica medica ospedaliera e fuori dal contesto di studi clinici, si confermano efficaci i regimi terapeutici con gli inibitori tirosinchinasici, 3/7 + midostaurina nella leucemia mieloide acuta (AML, nell’acronimo inglese) con mutazione FLT3 di nuova diagnosi e gilteritinib nella AML recidiva/refrattaria. Sono i risultati di una ricerca GIMEMA pubblicata sulla rivista British Society for Haematology, eJHaem.
In una survey condotta dal GIMEMA in Italia, nel periodo 2021-2023, e pubblicata nel novembre 2024 sulla rivista EJHaem, è stato analizzato l’utilizzo terapeutico e la conseguente risposta al trattamento dei farmaci inibitori della mutazione FLT3 (FMS-related tyrosine kinase 3) per la terapia della leucemia mieloide acuta (AML) che presenta tale mutazione, che induce una eccessiva attivazione del gene e favorisce la progressione neoplastica.
Gli inibitori tirosinchinasici sono molecole che si legano alle proteine tirosin-chinasi, inibendone i meccanismi di trasferimento del segnale e inducendo la morte programmata della cellula, meccanismo che arresta la progressione tumorale. In seguito ai risultati estremamente promettenti ottenuti negli studi clinici di terza fase RATIFY e ADMIRAL, gli inibitori tirosinchinasici di FLT3, midostaurina e gilteritinib, hanno ricevuto l’approvazione dalla FDA (Agenzia Federale Statunitense sui prodotti Alimentari e Farmaceutici) e dall’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), per il trattamento dei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta con mutazione di FLT3. In particolare, la midostaurina è stata approvata per la terapia di prima linea dei pazienti all’esordio, mentre il gilteritinib per quelli refrattari o in progressione di malattia dopo un precedentemente regime terapeutico.
Nella survey i ricercatori hanno valutato, tramite un questionario esplorativo somministrato a 59 centri di ematologia appartenenti alla rete GIMEMA, l’utilizzo degli inibitori di FLT3 in pazienti italiani non inclusi negli studi clinici. Lo scopo era quello di valutare l’efficacia, gli effetti collaterali e le potenzialità di questo trattamento, sia da solo che come terapia “ponte” al trapianto di cellule staminali ematopoietiche.
I risultati, in linea con quelli dello studio ADMIRAL, hanno confermato un’ottima efficacia di gilteritinib nel trattamento di pazienti affetti da AML con mutazione di FLT3 e in progressione di malattia o resistenti al precedente regime terapeutico, compresi quelli più anziani e non idonei al trapianto di cellule staminali ematopoietiche o che avevano già avevano ricevuto un precedente inibitore di FLT3, con tassi significativi di remissione completa della malattia.
Da sottolineare che, oltre la metà dei pazienti trattati con gilteritinib aveva precedente ricevuto la midostaurina, l’altro inibitore tirosinchinasico di FLT3 nell’ambito della terapia di prima linea, confermando la possibilità di usare sequenzialmente, con efficacia, un secondo inibitore di FLT3 (gilteritinib) anche dopo l’impiego del primo. Inoltre, nel sottogruppo di pazienti in cui gilteritinib è stato utilizzato come terapia ponte al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, l’85% si è potuto sottoporre con successo al trapianto.
Anna Candoni, professoressa associata di Ematologia all’Università di Modena e Reggio Emilia-UNIMORE, ha curato e predisposto le domande della survey, commentando così i risultati ottenuti:
“Questi dati di efficacia e di tollerabilità nella real life, e quindi in pazienti non selezionati, hanno confermato i risultati degli studi precedentemente effettuati e questo è un dato molto importante e confortante per i medici. In particolare, le percentuali di remissiome completa ottenuti dal trattamento con lo schema 3/7 + midostaurina è risultato del 63% e l’utilizzo di gilteritinib, farmaco somministrato in monoterapia orale, ha portato ad una risposta completa nel 44% dei casi trattati. La percentuale di pazienti che ha dovuto interrompere il gilteritinib, per intolleranza o tossicità, è stata estremamente bassa (solo 4% dei casi trattati). In sintesi, questa survey rappresenta un esempio virtuoso di sforzo collaborativo dei centri ematologici italiani coordinati dal GIMEMA per ottenere dati epidemiologici e di esito reali. Tali dati sono preziosi per verificare l’efficacia dei farmaci anche al di fuori degli studi clinici e per ottimizzarne l’utilizzo nella pratica clinica”.