Da alcuni anni il monitoraggio dei risultati della chemioterapia seguita da pazienti con leucemia mieloide acuta ha visto impiegate nuove tecniche come la Next Generation Sequencing (NGS), tecnologia per il sequenziamento di grandi genomi in breve tempo.
La NGS è stata spesso applicata alla malattia minima residua (MRD), un indicatore della quantità di cellule tumorali che possono rimanere dopo una terapia, che offre una panoramica sulla possibilità di ricomparsa della malattia. I vantaggi della NGS sono chiari: questa tecnica può sequenziare diverse mutazioni genetiche simultaneamente e può essere applicata alla maggioranza dei pazienti con leucemia mieloide acuta. Risultano ancora poco note, però, le sue applicazioni in ambito clinico.
Numerosi studi hanno confermato come la MRD possa essere un ottimo indicatore per monitorare i risultati della chemioterapia effettuata da pazienti con leucemia mieloide acuta.
Ma una domanda salta agli occhi dei ricercatori: qual è il momento migliore per effettuare questi test?
Uno studio di Tsai e collaboratori, pubblicato su Blood Advances lo scorso maggio, potrebbe aggiungere un nuovo tassello nel stabilire quando ottenere una migliore previsione dell’esito clinico della chemioterapia in pazienti affetti da leucemia mieloide acuta.
I test sono stati effettuati su un gruppo di pazienti in due tempi distinti: il primo test è stato effettuato dopo una fase di terapia iniziale (MRD1st), quando i pazienti dimostravano una remissione completa dei sintomi. Il secondo, dopo la terapia di consolidamento (MRD2st). Quest’ultima viene effettuata dopo la fase di terapia iniziale, dura circa tre mesi e consiste in cicli di chemioterapia generalmente somministrati via flebo.
Dalle analisi statistiche è emerso che, se presi singolarmente, MRD1st e MRD2st sono entrambi cattivi parametri per prevedere l’esito della cura. Sono però ottimi fattori prognostici se combinati.
Infatti, se attraverso la tecnica NGS in entrambi i momenti del test non si osserva la presenza di malattia minima residua (MRD negativa) si può prevedere un buon esito della terapia, in quanto non sono rilevate cellule tumorali dopo il primo e il secondo trattamento. Buon esito della terapia è confermato anche da pazienti con malattia minima residua dopo la prima fase di terapia (MRD1st positiva) e nessuna traccia di MRD dopo la terapia di consolidamento (MRD2st negativa). In generale, i pazienti con MRD positiva, indipendentemente dal momento di somministrazione del test, possiedono una maggior probabilità di ricaduta e una minor probabilità di sopravvivenza.
Inoltre la combinazione della tecnica NGS con la citometria a flusso (MFC) potrebbe aiutare a identificare pazienti ad alto rischio. La MFC viene utilizzata solitamente per la rilevazione, il conteggio e la separazione di cellule in un campione, permettendo di rilevare persino una minuscola quantità di cellule tumorali. In quei pazienti in cui, dopo la terapia di consolidamento, la malattia minima residua non è rilevata dalla citometria potrebbe funzionare più efficacemente la tecnica NGS per indentificare la presenza di MRD.
Applicare queste particolari tecniche potrebbe aiutare gli ematologi a riconoscere i pazienti ad alto rischio e fornire loro informazioni migliori sulla prognosi del paziente, in particolare dopo la terapia di consolidamento. I pazienti potrebbero così ricevere attenzioni e trattamenti sanitari adatti e tempestivi.