L’analisi a posteriori dei risultati di una sperimentazione clinica chiusa nel 2015 ha confermato che le nuove linee guida di classificazione del rischio di pazienti con leucemia mieloide acuta (AML) sono in grado di distinguere accuratamente i pazienti in base al diverso profilo genetico, permettendo così di stabilire quale strategie di trapianto adottare.
Spesso le sperimentazioni cliniche durano per molti anni, durante i quali gli standard della medicina possono cambiare: è necessario, allora, verificare che i nuovi criteri di prognosi siano coerenti con i protocolli applicati in precedenza. È quanto hanno voluto indagare i ricercatori del GIMEMA in una nuova analisi retrospettiva, pubblicata sulla rivista Blood Advances, che ha riguardato in particolare lo studio clinico GIMEMA AML1310, chiuso nel 2015 e condotto da Adriano Venditti, responsabile del working party Leucemie Acute del GIMEMA e docente presso l’Università di Roma Tor Vergata. La nuova analisi, effettuata da Francesco Buccisano e Raffaele Palmieri dell’Università Roma Tor Vergata, conferma che la classificazione dei pazienti adulti con leucemia mieloide acuta dell’European Leukemia Net del 2017 (ELN2017) è accurata anche se applicata in protocolli sperimentali condotti prima della pubblicazione di quest’ultima.
“Lo studio AML1310 è il primo studio GIMEMA su pazienti adulti con leucemia mieloide acuta in cui la scelta del trattamento per i pazienti ha integrato analisi dei biomarcatori genetico-molecolari e la valutazione della malattia minima residua. L’inizio della sperimentazione risale al 2009 ed ha seguito le raccomandazioni del National Comprehensive Cancer Network del 2009. Lo studio si è poi concluso nel 2015: è normale che in questo arco di tempo le cose possano esser cambiate”, afferma Francesco Buccisano, primo autore della nuova analisi.
Nella prognosi di pazienti con AML ha molta importanza l’identificazione delle mutazioni dei geni FLT3 e NPM1. In particolare quelle che interessano il gene FLT3 sono le più comuni, riscontrate nel 20-25% dei pazienti con AML. Inoltre la mutazione FLT3-ITD è associata a una prognosi sfavorevole. Le nuove raccomandazioni dell’European Leukemia Net del 2017 (ELN2017) colgono il significato prognostico di FLT3-ITD e delle mutazioni concomitanti di FLT3-ITD e NPM1 e,
in base all’interazione tra queste mutazioni, suddividono i pazienti con leucemia mieloide acuta in tre nuove categorie di rischio: prognosi favorevole, intermedia e avversa.
“Riteniamo che la nuova classificazione del 2017 sia la più accurata stratificazione del rischio di pazienti con leucemia mieloide acuta che abbiamo a disposizione.
Questa è molto importante per decidere a quali cure sottoporre i pazienti in base al rischio: quello che si vuole evitare è di indirizzare pazienti a basso rischio verso un trapianto oneroso e gravato da complicanze come quello allogenico (in cui un donatore dona le cellule al paziente, ndr) e, d’altra parte, evitare di ricorrere al trapianto autologo (in cui il paziente è donatore per sé stesso, ndr) in pazienti ad alto rischio, nei quali potrebbe rivelarsi poco utile”.
Per verificare che le nuove linee guida fossero applicabili a uno studio già terminato e in cui i pazienti erano stati categorizzati diversamente, i ricercatori hanno eseguito l’analisi a posteriori sulla popolazione coinvolta nello studio di cui si erano giù studiate le mutazioni. Sui 500 pazienti arruolati, 445 sono stati riclassificati secondo i nuovi criteri del 2017. Dopo di che i ricercatori hanno confrontato i risultati della nuova categorizzazione con quelli della precedente.
I risultati ottenuti confermano che la classificazione ELN2017 è in grado di distinguere accuratamente i pazienti in base al diverso profilo genetico-molecolare, permettendo così di stabilire quale strategie di trapianto adottare. “Questa analisi retrospettiva è stata eseguita per confermare la bontà della strategia terapeutica utilizzata nello studio GIMEMA. La conclusione è che la classificazione aggiornata funziona allo stesso modo anche in un protocollo di ricerca clinica di qualche anno fa”, conclude Buccisano.
I risultati raggiunti offrono un’ulteriore conferma per le sperimentazioni in corso, come il GIMEMA AML1819 in cui i pazienti sono stati categorizzati con i criteri del 2017, e studi futuri in cui verrà applicato il medesimo protocollo.