La pandemia da COVID-19 ha avuto un impatto anche nell’assistenza sanitaria a pazienti affetti da altre malattie, come quelle del sangue. Durante la fase 1, per ridurre il potenziale rischio di infezione e le sue complicanze per i pazienti ematologici, è stato necessario modificare i normali standard di cura e adottare misure di gestione straordinarie.
“I pazienti ematologici – spiega Paolo Corradini, presidente della Società Italiana di Ematologia (SIE) – in quanto particolarmente immunodepressi, hanno un rischio maggiore di infezione grave e quindi possono essere costretti a interrompere le terapie curative. Uno studio SIE di prossima pubblicazione, su 536 persone, ha calcolato che la mortalità per COVID-19 dei pazienti ematologici è del 35%”.
La SIE, insieme al Gruppo italiano per il trapianto di midollo osseo, cellule staminali emopoietiche e terapia cellulare (GITMO), ha diffuso a metà marzo una serie di raccomandazioni per la sicurezza in ambiente ospedaliero e ambulatoriale. Le terapie sono state rimodulate per evitare ai pazienti di fare spostamenti potenzialmente rischiosi: quasi ovunque sono state cancellate le visite di controllo ambulatoriali, non solo quelle dei guariti ma anche di chi ha la malattia in corso ma è stabile.
“Durante le fasi di picco dell’epidemia – continua Corradini – c’è stato un abbattimento delle visite ambulatoriali di circa il 40% nelle zone geografiche più colpite da COVID-19, e del 20-25% nelle zone dove il tasso di infezione è stato più basso”.
Anche le terapie di mantenimento, in grado di controllare la malattia nel tempo e prevenire o ritardare le ricadute della malattia, sono state cancellate se non indispensabili.
Le chemioterapie invece non sono state interrotte. “L’obiettivo generale – dice Emanuele Angelucci, vicepresidente SIE – è stato quello di proseguire il più a lungo possibile le terapie salvavita per i pazienti oncoematologici, in condizioni COVID-19-free”. Nei reparti di ematologia vengono fatti tamponi periodici per il virus SARS-CoV-2 agli operatori sanitari per evitare di contagiare inavvertitamente i pazienti e ridurre la diffusione dell’epidemia. Le direttive SIE inoltre suggeriscono di effettuare il tampone ai pazienti prima di ogni ciclo di chemioterapia o di chemioimmunoterapia. Così come raccomandano di monitorare costantemente il paziente, nel tracciamento dei contatti e dei familiari. “Serve – spiega Corradini – non solo a mantenere gli ambienti ospedalieri sicuri, ma anche ad evitare di fare la chemioterapia a pazienti che stanno per sviluppare infezione da COVID-19“. Per garantire maggiore sicurezza, la SIE ha inoltre chiesto di vietare le visite di parenti e persone esterne ai ricoverati e ai pazienti di day hospital.
Per quanto riguarda i trapianti, ai medici è stato consigliato di rivalutare o rimandarli quando possibile, considerando caso per caso il rapporto rischio-beneficio per il paziente, come indicato anche dalla Società europea per il trapianto di midollo (EBMT) e dal Centro nazionale trapianti. La direttiva europea infatti raccomanda di rimandare trapianti di malattie sotto controllo, che hanno ricevuto buona risposta alle terapie chemioterapiche. “Per i trapianti allogenici, cioè da donatore – racconta Corradini – c’è stato l’obbligo di utilizzare cellule congelate, sottoposte a tampone, per essere sicuri di evitare l’infezione di COVID-19. Inoltre, per far fronte al calo di donatori che si è registrato in questo periodo, per i pazienti con malattie acute gli ematologi hanno utilizzato le cellule dei cordoni ombelicali e di donatori familiari aploidentici, quindi parzialmente compatibili“.
Anche se le prime visite non sono state ufficialmente bloccate, si è verificato un crollo delle diagnosi di leucemia acuta su tutto il territorio.
“Molte persone – spiega il presidente SIE – con un disturbo non grave e sopportabile hanno rimandato le visite, per paura di contrarre l’infezione da nuovo coronavirus”.
L’assistenza domiciliare invece ha dimostrato diversi punti deboli. Emanuele Angelucci spiega che, quando possibile, “i pazienti sono stati seguiti via telefono e per e-mail” in una forma di “telemedicina piuttosto primitiva”. Per Paolo Corradini in Italia manca un sistema di assistenza domiciliare nazionale ben strutturato, per tutte le patologie. E l’assistenza territoriale dovrebbe essere rafforzata “non solo con i medici di base, ma anche con medici specialisti”.
Per la fase 2 la SIE ha già preparato un secondo documento di raccomandazioni, insieme a Associazione italiana oncologia medica (AIOM) e alla Società italiana cardiologia (SIC). Per l’assistenza ai pazienti ematologici sarà essenziale, tra le altre cose, “mantenere i reparti dedicati alla cura dei pazienti COVID-free in modo rigido; predisporre test sierologici e tamponi a tutti i sanitari per non contagiare i pazienti; in vista dell’autunno implementare campagne di vaccinazione e profilassi dei pazienti; attuare un sistema di tracciamento dei contatti e di monitoraggio dei pazienti a domicilio il più possibile efficiente”.