I dubbi sulla qualità di un centro rispetto a un altro, spostamenti per andare a fare gli esami e poi il ritiro dei referti. Problemi e incombenze quotidiane che possono affollare la vita di pazienti con leucemia mieloide cronica, ma che potrebbero essere cancellati da una rete chiamata LabNet. Il progetto del GIMEMA rappresenta l’anello di congiunzione tra tutti i centri di ematologia e i laboratori di biologia molecolare per accorciare le distanze e garantire la stessa modalità di trattamento ovunque una persona si trovi.
“Da una parte garantisce analisi del sangue affidabili, con lo stesso livello di qualità, in tutta Italia”, spiega Francesco Saverio Mennini, professore di Economia Sanitaria e Microeconomia all’Università di Roma Tor Vergata. “Dall’altra, cerca di migliorare la qualità di vita del paziente, spesso obbligato a spostarsi da un centro all’altro e non sempre vicino a casa”.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista HTA Focus Pills of Clinical Governance, che ha analizzato l’attività dei 56 centri afferenti LabNet nel triennio 2016-2018, la rete ha evitato trasferte dei pazienti per un totale di oltre 334 mila chilometri l’anno. “Corrispondono a un costo di circa 167 mila euro, quindi in media ogni paziente ha risparmiato più o meno 40 euro l’anno”, continua l’esperto, che ha coordinato la parte di valutazione economica dello studio.
“Il risparmio ha ricadute inevitabili sulla qualità di vita perché le persone possono recarsi nei centri più vicini senza rischiare di intaccare l’accuratezza dei propri esami. Tutti i medici che si affiliano a LabNet, infatti, lavorano nello stesso modo e garantiscono il medesimo standard qualitativo”.
Gran parte dei pazienti (circa l’85% dei colpiti da leucemia mieloide cronica), al momento della diagnosi si trova in fase cronica. Una condizione meno grave, che dura circa 3-5 anni, ma per questo da gestire al meglio e in modo continuativo per evitare che progredisca nelle fasi più avanzate. Come suggerito dalle linee guida, per curarla si possono utilizzare quattro farmaci, in genere già efficaci nei primi mesi con una remissione della malattia. Il paziente, però, non si considera guarito perché alcuni gruppi di cellule leucemiche possono sopravvivere e per individuarle servono analisi sofisticate.
Tenere sotto controllo questi valori è importante per mandare avanti la terapia correttamente e, soprattutto, per capire quando è possibile sospenderla in caso di una remissione completa. Nel periodo 2016-18, la possibilità di interrompere il trattamento non era ancora possibile, ma “nello studio abbiamo calcolato un potenziale risparmio per il Sistema sanitario nazionale di oltre 11 milioni di euro, ipotizzando che tutti i pazienti con risposta molecolare completa sospendessero la cura”, specifica Mennini.
“Grazie all’omogeneità degli esami e delle scelte di trattamento, il medico è sicuro di utilizzare la medesima metodologia e di seguire la strada terapeutica più adatta. Inoltre, la possibilità di individuare i pazienti che possono sospendere la terapia è agevolata da LabNet, perché un medico inserito nella rete può rendersi conto della condizione del suo paziente comparandola con quelle di pazienti simili in altri centri e trovare risposte ai suoi dubbi”.