Il tema centrale dei video di divulgazione sul progetto JakNet è, per il 2024, la ricerca della carica allelica del JAK2, ovvero della frazione allelica della mutazione. Lo scopo è quello di raccontare e diffondere ad un ampio pubblico le potenzialità del servizio che mette in contatto i centri ematologici italiani con i laboratori di analisi genetiche e anatomopatologiche, nell’ambito delle neoplasie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative.
Due video interviste a esperti del settore per spiegare l’importanza della frazione allelica della mutazione, prevalentemente quella V617F.
JakNet – JAK2 tra passato e futuro (Parte 1)
Emiliano Fabiani
JakNet – JAK2 tra passato e futuro (Parte 2)
Paola Guglielmelli
“Le mutazioni di JAK2 svolgono chiaramente un ruolo chiave nella patogenesi delle neoplasie mieloproliferative: policitemia vera, trombocitosi essenziale e mielofibrosi”, spiega Emiliano Fabiani, Univarsità di Roma Torvergata e Unicamillus International University. “Principalmente, tali mutazioni avvengono in una regione definita come hotspot, ossia nella posizione V617F, che comporta un cambiamento aminoacidico dalla valina alla fenilalanina. Proprio questa sostituzione aminoacidica comporta infine un’attivazione costituzionale del gene JAK2 e quindi della via JAK-STAT. Tale attivazione costituzionale porterà poi a una proliferazione incontrollata delle cellule ematologiche”.
Studi recenti hanno mostrato come come il carico allelico, ossia la frazione di alleli mutati rispetto al numero totale di alleli, può avere un’influenza sulla malattia minima residua misurabile – ossia il numero di cellule malate che persistono dopo il trattamento – così come nell’indicare al clinico se il trattamento sta dando i suoi frutti.
Per questo motivo la ricerca della carica allelica del JAK2 attraverso nuove metodiche capaci di valutarne la presenza o meno è fondamentale per il suo ruolo diagnostico, ma anche prognostico. Come sottolinea Paola Guglielmelli, responsabile del Centro di Ricerca e Innovazione per le Malattie Mieloproliferative (CRIMM) Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi e l’Università degli Studi di Firenze: “È ormai ben noto che una elevata carica allelica, in particolar modo superiore al 50%, correla sia con un aumento del rischio trombotico, in particolar modo per le trombosi venose, sia per un aumento del rischio di progressione, in particolar modo in mielofibrosi. Questo vale sia per la policitemia vera, dove appunto il target è del 50%, che per la trombocitemia essenziale, dove è stato visto che anche un aumento della carica allelica superiore al 35% correla con il rischio di progressione”.
Diversi studi hanno dimostrato che una riduzione significativa della carica allelica, in alcuni casi anche completa, cioè quella che viene definita una risposta molecolare completa o profonda, cioè al di sotto del 2% di carica allelica, correlava con un rischio pari a zero di evoluzione in mielofibrosi.
E conclude Guglielmelli: “Questo rappresenta effettivamente un nuovo concetto, che è quello proprio di monitoraggio delle variazioni della carica del JAK2 durante il trattamento. Questo non riguarderà più quindi solo, ad esempio, il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, in cui la valutazione della malattia minima residua era fondamentale per definire l’eventuale recidiva di malattia, ma anche, soprattutto, per evidenziare un effetto di un particolare trattamento sul clone neoplastico. E questo potrebbe, nel prossimo futuro, rappresentare un nuovo endpoint anche per studi clinici, in modo tale da poter personalizzare al meglio la terapia dei pazienti con neoplasie mieloproliferative croniche”.
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