L’attuale pandemia da coronavirus ha dato nuova linfa vitale all’innovazione in medicina e uno degli ambiti di ricerca clinica che più sta sperimentando in questa direzione è quello ematologico. Delle tecnologie al servizio dell’innovazione, l’intelligenza artificiale (IA) è sicuramente una tra le più conosciute e promettenti.
Quando si parla di intelligenza artificiale si intende la capacità di una macchina di avere funzioni intellettive simili a quelle umane come il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Funzioni che ci suggeriscono il potenziale di questa tecnologia in ambito clinico: ridurre gli errori, rendere le diagnosi più rapide e precise, accelerare la ricerca e sviluppare terapie personalizzate.
Il centro di ricerca CARL e il progetto GenoMed4All: intelligenza artificiale in ematologia
Per esplorare a fondo e mettere a frutto le potenzialità dell’intelligenza artificiale nella cura e nella comprensione delle malattie del sangue, nel 2021, Humanitas Research Hospital in collaborazione con Humanitas University e il Politecnico di Milano ha creato un nuovo centro di ricerca chiamato CARL (Center for Accelerating Leukemia/Lymphoma Research).
“Lo scopo di questo centro è quello di sviluppare delle tecnologie che accelerino l’applicazione pratica sui pazienti dei risultati della ricerca di base e lo strumento di accelerazione è l’IA. L’idea è quella di capire, grazie all’impiego dell’IA, quali scoperte di base sono più promettenti e tra queste selezionarne alcune da far arrivare al letto del paziente molto rapidamente in modo da testare la loro capacità di miglioramento del processo diagnostico-terapeutico”, spiega Matteo della Porta, ematologo e responsabile della Sezione Leucemie e Mielodisplasie in Humanitas.
Perché la ricerca sugli algoritmi di intelligenza artificiale sia efficace, però, non può prescindere da un’accurata raccolta dei big data, grandi volumi di dati eterogenei generati da strutture sanitarie diverse che comprendono dati clinici, informazioni di laboratorio, dati genomici e anche quelli generati dai pazienti stessi attraverso dispositivi digitali. Essenziale è, quindi, la collaborazione tra ospedali, università e centri di ricerca attraverso progetti comuni.
Ne è un esempio GenoMed4All (Genomics and Personalized Medicine for all though Artificial Intelligence in Haematological Diseases) un progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020 Research & Innovation, che coinvolge centri di eccellenza ematologica e centri di ricerca di intelligenza artificiale in tutta Europa.
“Le sfide di questo consorzio di centri di ricerca sono principalmente due, una tecnologica e una clinica.
La sfida tecnologica è quella di creare un ponte tra tutti gli archivi di dati ematologici degli ospedali attraverso il federated learning o apprendimento federato ovvero una tecnologia che sfrutta l’intelligenza artificiale per l’elaborazione di tutti i dati dei singoli ospedali senza che vengano di fatto esportati dal centro dove sono stati raccolti e vengono conservati secondo le norme di legge. Questa tecnologia ci permette di analizzare una grande mole di dati soddisfando tutte le regole sulla privacy” continua Della Porta.
La sfida clinica, invece, consiste nel creare dei sistemi di supporto alla diagnosi e alla decisione medica basati sull’intelligenza artificiale che siano completamente spiegabili.
Come si legge nel documento Orientamenti etici per un’IA affidabile redatto dal Gruppo indipendente di esperti di alto livello sull’intelligenza artificiale istituito dalla Commissione Europea “affinché un sistema di intelligenza artificiale sia tecnicamente spiegabile, gli esseri umani devono poter capire e tenere traccia delle decisioni prese dal sistema stesso”. Inoltre, “se un sistema di IA influisce considerevolmente sulla salute, dovrebbe sempre essere possibile richiedere una spiegazione adeguata del processo decisionale del sistema e tale spiegazione dovrebbe essere tempestiva e adeguata alle competenze del portatore di interesse in questione”, in questo caso il paziente.
“Se, per esempio, nel prendere la decisione di eseguire o meno un trapianto di midollo osseo utilizzo uno strumento basato sull’intelligenza artificiale devo essere in grado di spiegare al paziente come questo funziona e in che modo è arrivato a consigliare la decisione clinica” spiega Della Porta.
Presente e futuro dell’IA in ematologia
L’ematologia si presta particolarmente bene alla ricerca sull’intelligenza artificiale perché le malattie del sangue sono tantissime (oltre 450 finora conosciute) e le variazioni genetiche, anche nello stesso tipo di malattia, sono numerose. Individuarle e saper sfruttare al meglio le informazioni ricavate dalle analisi di laboratorio e genetiche permette di andare verso una medicina sempre più personalizzata sulle caratteristiche del singolo paziente nella quale, però, il contributo del medico rimane essenziale.
“Il progetto in fase più avanzata di GenoMed4All è stato sviluppato insieme ad HARMONY (Healthcare Alliance for Resourceful Medicines Offensive against Neoplasms in Hematology), un altro consorzio europeo che si occupa di ricerca e innovazione in ematologia. Stiamo sviluppando un sistema che aiuti gli ematologici nel processo decisionale terapeutico nei pazienti affetti da sindrome mielodisplastica, una malattia in cui è molto difficile selezionare i pazienti idonei e soprattutto capire in che fase deve essere eseguito il trapianto di midollo osseo.
Non c’è nessun studio clinico che ci possa aiutare, in questo momento, a prendere una decisione il più possibile oggettiva. Unendo la grande quantità di dati ricavati dai due consorzi, abbiamo creato un sistema di IA che dovrebbe aiutarci a decidere, sulla base di informazioni cliniche e molecolari del singolo paziente, se e quando eseguire il trapianto”, spiega Della Porta.
Altri progetti in corso nel contesto di GenoMed4All riguardano il mieloma multiplo e l’anemia a cellule falciformi.
“Siamo ancora nella fase preclinica ma queste tecnologie, una volta perfezionate, possono essere traslate più rapidamente nella pratica clinica rispetto alle terapie farmacologiche. La sfida sta nel creare sistemi robusti in grado di vincere lo scetticismo dei ricercatori clinici e convincerli a testarli all’interno di studi clinici controllati”, conclude Della Porta.
Anche se le premesse sembrano puntare verso un futuro radioso per l’ematologia, ancora molta strada deve essere fatta perché l’intelligenza artificiale entri a far parte della normale pratica clinica.
Servono maggiori sforzi nel connettere organizzazioni sanitarie diverse che utilizzano sistemi di conservazione e gestione di dati diversi, serve una maggiore attenzione nella raccolta dati in modo da evitare di costruire algoritmi discriminatori e serve che la giurisprudenza e la ricerca bioetica corrano di pari passo all’innovazione.
Inoltre, è essenziale che i professionisti della salute siano formati su queste tecnologie, sia per quanto riguarda le enormi potenzialità che i loro difetti.