È stato da poco pubblicato il report Global Cancer Statistics dell’American Cancer Association, i cui dati sono riferiti alla diffusione del cancro nel mondo al 2022. Riportiamo alcuni degli elementi più significativi del documento, e i dati relativi ai tumori ematologici.

Venti milioni di nuovi casi, quasi dieci milioni di decessi: sono questi i primi numeri che saltano agli occhi leggendo il Global Cancer Statistics, che riportano i più recenti dati sul cancro, riferiti al 2022 e basati sulle stime aggiornate del database GLOBOCAN 2022 dell’International Agency for Research on Cancer (IARC). Il report fornisce un quadro dei numeri delle neoplasie di 185 Paesi, analizzandoli anche in relazione allo stato socioeconomico.

Per una malattia che si conferma tra le principali cause di morte al mondo, una valutazione come questa è uno strumento fondamentale per dirigere le strategie di prevenzione e controllo, per consentire diagnosi e trattamenti tempestivi. Tanto più che, secondo le stime del report, i casi di tumore potrebbero aumentare fino a 35 milioni in meno di trent’anni:

“Le proiezioni sull’aumento di casi entro il 2050 sono basate sul solo aumento della popolazione, assumendo che il tasso d’incidenza rimanga quello attuale”, ha commentato in un comunicato Hyuna Sung, epidemiologa dell’American Cancer Society e co-autrice del report. “È da notare che la prevalenza dei principali fattori di rischio, quali una dieta scorretta, la mancanza di attività fisica, l’elevato consumo di alcol e il consumo di tabacco, sono in crescita in diverse parti del mondo e, in assenza d’interventi su larga scala, potranno aumentare i casi di cancro in futuro”.

Riportiamo i principali elementi del report, con un focus sui dati relativi ai tumori ematologici.

Il cancro nel mondo

Tra i tumori analizzati, quello del polmone segna, purtroppo, un doppio primato: risulta non solo il primo per incidenza di nuove diagnosi (il 12,4% di tutti i tumori) ma anche la principale causa di morte a livello globale.

 

 

Il report, che presenta anche delle analisi differenziate per maschi e femmine, evidenzia come proprio il tumore del polmone sia anche la prima causa di morte per neoplasia negli uomini. Nelle donne, invece, la principale causa di morte per tumore è data dal cancro della mammella, peraltro il secondo più diagnosticato a livello globale. Le stime del report indicano che circa una persona su 5 svilupperà un cancro nel corso della propria vita ma, sempre guardando alle differenze di sesso, la mortalità è leggermente diversa tra maschi e femmine: si stima infatti che per neoplasia, muoia un uomo su 9, e una donna su 12.

Proseguendo nella lista, dopo quello del polmone e della mammella, i più diagnosticati sono i tumori di colon-retto, prostata, stomaco, fegato, tiroide, cervice uterina, vescica e i linfomi non-Hodgkin, per elencare i primi dieci. È da notare che alcuni di questi hanno anche – ancora – un’elevata mortalità: il cancro del colon-retto, per esempio, è il secondo tumore per mortalità dopo quello del polmone.

 

 

A questi dati generali si associa un’elevata variabilità geografica nell’incidenza e nella mortalità dei tumori. Quasi la metà dei nuovi casi, infatti, sono stati diagnosticati in Asia, dove vive il 59% della popolazione mondiale; ma anche l’America e l’Europa, che pure ospitano percentuali minori di popolazione, hanno incidenze elevate, del 21% e del 22%.

Come sintetizza la pubblicazione Global Cancers Facts& Figures dell’American Cancer Society, questo dato riflette, da una parte, il maggiore accesso ai programmi di screening e alle diagnosi, e dall’altra, la maggior aspettativa di vita e la presenza di fattori di rischio (dal fumo all’obesità, dalla scorretta alimentazione alla scarsa attività fisica) dei Paesi ad alto reddito.

Ma è anche un dato che spesso non corrisponde a quella che è poi la mortalità del cancro, che in molti paesi a basso reddito è decisamente maggiore. Ne è un esempio il cancro alla cervice, peraltro considerato quasi completamente prevenibile, per il quale si osserva una netta sproporzione tra l’incidenza e, soprattutto, la mortalità tra i Paesi ad alto e basso reddito (per 37 Paesi, prevalentemente dell’Africa sub-sahariana, è la principale causa di morte per cancro), in gran parte a causa del limitato accesso alla vaccinazione contro l’HPV e ai programmi di screening.

Cercando di riassumere i dati della vasta analisi riportata nel documento, emerge come il diritto alla salute non sia ancora uguale per tutti: come riporta chiaramente una comunicazione firmata da scienziati e scienziate IARC, il cancro è una delle principale causa di morte prematura nei Paesi ad alto reddito (il primo posto è conteso con i disturbi cardiovascolari), mentre nei Paesi a basso e medio reddito la mortalità per cancro è superata da quella per malattie infettive, quali la tubercolosi e l’HIV. Ma purtroppo, le stime suggeriscono che anche in questi Paesi l’incidenza del cancro andrà aumentando, con punte proporzionali del 142% entro il 2050, a causa dell’aumento della popolazione e dell’aspettativa di vita, unite all’adozione di comportamenti e stili di vita insalubri, mutuati da quelli occidentali. “L’impatto di questo aumento non sarà uniforme tra i diversi livelli di HDI [Human Development Index, un indice che fa una sintesi tra stato di salute, educazione e condizioni di vita della popolazione]”, ha commentato Freddie Bray, capo del Cancer Surveillance Branch della IARC e primo autore del report. “I Paesi che hanno meno risorse per gestire questo aumento d’incidenza ne sentiranno maggiormente il peso”.

Un focus sui tumori ematologici

Dato il vasto numero di tipi di tumore e variabili associate a ciascuno, il report non entra, nel merito specifico di ciascuno di essi. Analisi più estese le dedica solo ai quattro tipi di tumore a maggior incidenza (polmone, mammella, colon-retto, prostata) e ai tumori associati a infezioni.

I dati sui tumori ematologici, tuttavia, non sono assenti. Leucemie e linfomi, in particolare, trovano un posto elevato nella “classifica” dei 36 tumori analizzati nel report, differenziati anche per sito di localizzazione: i linfomi non-Hodgkin sono al decimo posto per incidenza di nuovi casi (il 2,8% di tutti i tumori) e all’undicesimo per mortalità (2,6%); le leucemie al tredicesimo posto per incidenza (2,4% di tutti i tumori) e al decimo per mortalità (3,1%). I linfomi di Hodgkin registrano invece incidenza di nuovi casi e mortalità minori (rispettivamente 0,4% e 0,2%). In termini di numeri, si evince che 250.475 decessi sono causati dai linfomi non-Hodgkin, 305.033 da leucemie e quasi 23mila da linfomi di Hodgkin.

Per quanto riguarda le leucemie, l’incidenza risulta più alta per gli uomini che per le donne (il tasso d’incidenza standardizzato per l’età è rispettivamente del 6,2% e del 4,4%); i tassi d’incidenza sono più elevati in Australia e Nuova Zelanda, seguita dal Nord America e dall’Europa.

Le leucemie comprendono un vasto ed eterogeneo numero di neoplasie ematologiche (e spesso uno stesso gruppo di leucemie presenta significative differenze interne), con possibili differenti cause. Il report non le analizza tutte, ma riporta che la leucemia linfoblastica acuta si presenta soprattutto in età infantile, con le maggiori incidenze in America Latina e Asia; la leucemia mieloide acuta, più frequente invece negli adulti, è più frequente nei Paesi ad alto reddito.
Per quanto riguarda la leucemia linfoide cronica, si specifica che i tassi d’incidenza maggiori si registrano in Nord America, in Oceania e alcune nazioni europee, soprattutto tra gli uomini e gli anziani. Infine, la leucemia mieloide cronica registra le proporzioni maggiori nei Paesi ad alto HDI e tra gli uomini adulti.

Se ci concentriamo sui dati relativi ai linfomi, le forme non-Hodgkin rappresentano i tumori ematologici più frequenti, con incidenza e mortalità maggiori tra gli uomini che tra le donne.

L’incidenza è maggiore nei Paesi a maggior reddito (soprattutto Europa, Nord America e Australia e Nuova Zelanda) ma, come evidenziato nel report, i tassi di mortalità sono simili. Il documento precisa anche che l’incidenza maggiore a livello globale, sia tra gli uomini sia tra le donne, si registra a Malta e in Danimarca. Vale la pena notare che molti Paesi ad alto reddito avevano evidenziato un aumento d’incidenza dei linfomi non-Hodgkin tra gli anni ’80 e ’90, che oggi sembra essersi arrestato. Il report cita un recente studio, pubblicato nel 2023 su Cancer Science, che spiega la diminuzione del tasso di mortalità negli Stati Uniti e in Giappone con l’introduzione di un anticorpo monoclonale, il rituximab, nel trattamento dei linfomi non-Hodgkin, approvato rispettivamente nei due Paesi nel 1997 e nel 2001.