In Europa, sono 20 milioni le persone viventi dopo una diagnosi di cancro, che faticano a riprendere in mano la propria vita a causa delle discriminazioni finanziarie. Eppure sono guarite. Si fa sempre più urgente la necessità di un regolamento europeo sul diritto all’oblio oncologico.

Immaginate di dedicare la vostra vita professionale alla ricerca e alla cura del cancro. Anno dopo anno, assistete a un crescente interesse su questo tema, sempre maggiore consapevolezza riguardo alla prevenzione, un miglioramento delle pratiche diagnostiche e un incremento dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti. Immaginate di vedere come le statistiche riflettano questi progressi, mostrando che le probabilità di sopravvivenza a cinque, dieci anni dalla diagnosi di cancro sono sempre più alte, fino a raggiungere livelli paragonabili a quelli di chi non ha mai avuto la malattia. Ora immaginate di dover affrontare un’altra realtà: nonostante la medicina dica loro che sì, sono completamente guariti, molti ex pazienti oncologici faticano a riprendere in mano la propria vita a causa delle discriminazioni economiche e finanziarie che devono subire per via della loro storia clinica. Questa è l’esperienza di Françoise Meunier, già direttrice della European Organisation for Research and Treatment of Cancer e fondatrice della European Initiative on Ending Discrimination against Cancer Survivors, progetto che da anni si impegna attivamente per il diritto all’oblio per gli ex pazienti oncologici, promuovendo l’adozione di un quadro giuridico che contrasti tali discriminazioni.

Lo abbiamo visto anche nel nostro Paese: è trascorso quasi un anno da quando, in Italia, è stata approvata la legge che tutela il diritto all’oblio oncologico. Come raccontava a GIMEMA Informazione l’avvocata Elisabetta Iannelli, segretario generale di FAVO, l’approvazione di questa legge ha soprattutto sancito un cambio di paradigma culturale, segno di un mondo in cui avere una diagnosi di cancro non significa più ricevere una condanna a morte.

In Europa, infatti, sono più di 20 milioni le persone viventi dopo una diagnosi di cancro, e i tassi di sopravvivenza a 5 anni dal termine delle terapie – parametro di guarigione ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica – continuano a crescere.

Eppure, nonostante le evidenze scientifiche che attestano la loro guarigione, gli ex pazienti oncologici affrontano regolarmente discriminazioni nell’accesso a servizi e prodotti finanziari, come prestiti, mutui e assicurazioni di viaggio e sanitarie. Un recente articolo pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet Oncology, firmato da ricercatori della European Initiative on Ending Discrimination Against Cancer Survivors, mette in luce perché una diagnosi di cancro non dovrebbe essere considerata quando persone guarite da questo tipo di malattie richiedono prodotti e servizi finanziari. GIMEMA Informazione ne ha parlato con Grazia Scocca, una delle autrici dell’articolo, che ci racconta la ragione per cui è nato questo progetto.“Dopo aver passato anni a curare i pazienti oncologici, Meunier si è ritrovata spesso, soprattutto negli anni successivi alla conclusione dei trattamenti, a scontrarsi con la loro domanda: dopo, cosa succede? ‘Dopo la cura non sono riuscito a comprare una casa’.‘Dopo la cura non sono riuscita a lanciare una mia attività lavorativa perché non avevo accesso a un mutuo’. L’iniziativa Ending Discrimination Against Cancer Survivors è nata da qui”.

La situazione in Europa e in Italia sul diritto all’oblio oncologico

“Il primo anno di lavoro per questa iniziativa”, continua Scocca, “l’ho dedicato a realizzare una mappatura dettagliata del diritto all’oblio oncologico in Europa, Paese per Paese, con il supporto di pazienti, associazioni di pazienti e di ogni altro contatto utile”. Questo screening, ci spiega la ricercatrice, ha permesso di capire il contesto e la realtà di ciascuno dei 27 stati membri, evidenziando come in alcuni si stava già lavorando attivamente su questo tema, mentre in altri era evidente la necessità di un lavoro di sensibilizzazione. “Sono emerse iniziative a livello nazionale e locale, principalmente grazie alla determinazione dei pazienti e a una buona disponibilità da parte delle istituzioni.

Una volta sensibilizzati sulla questione, i responsabili politici hanno reagito in modo proattivo, impegnandosi a creare un quadro legislativo adeguato. Progressivamente, abbiamo cominciato a osservare la nascita di proposte legislative, come è avvenuto in Portogallo, Spagna o in Italia”.

Come si legge nello studio, ad oggi otto Stati membri dell’Unione Europea hanno adottato leggi per combattere la discriminazione finanziaria nei confronti dei sopravvissuti al cancro.

La Francia è stata la prima, approvando una legge sul diritto all’oblio nel gennaio 2016, seguita, tra il 2020 e il 2022, da Belgio, Paesi Bassi, Portogallo e Romania. Gli ultimi Paesi a introdurre leggi simili, nella seconda metà del 2023, sono stati Spagna, Cipro e Italia. Per le diagnosi di cancro in età adulta, i termini temporali dopo di cui è possibile esercitare il diritto all’oblio variano da Paese a Paese, coprendo un intervallo che va dai 10 ai 5 anni dopo la fine dei trattamenti, mentre per chi ha ricevuto una diagnosi in giovane età (per alcuni Paesi, come la Romania, prima dei 18 anni, per altri, Italia compresa, prima dei 21) sono previste disposizioni con termini ridotti. Inoltre, Francia, Belgio, Paesi Bassi e Italia hanno sviluppato griglie di riferimento che forniscono condizioni specifiche per tumori con ottime prognosi, riducendo il tempo tra la fine del trattamento e l’applicazione del diritto all’oblio; tali elenchi vengono rivisti periodicamente in base ai progressi della medicina e all’andamento dei tassi di mortalità. Il che ha già portato ad azioni concrete: nel 2022, a seguito del processo di revisione annuale, il Belgio ha completamente eliminato il periodo di attesa per i tumori al seno in situ. In Francia, per il cancro ai testicoli in fase iniziale e il cancro alla tiroide, è stato applicato un termine più breve di 3 anni, mentre il limite è stato ridotto a 1 anno per il melanoma in situ.

Le legislazioni sono eterogenee, rendendo difficile stabilire una definizione univoca a livello europeo del diritto all’oblio, ma tutte mirano a proteggere i sopravvissuti al cancro dalla discriminazione finanziaria. C’è di più: in Italia la legge sul diritto all’oblio oncologico è l’unica ad avere un campo di applicazione che copra non solo discriminazioni di natura finanziaria.

“La legge italiana si distingue come l’unica in Europa ad adottare un approccio così ampio, affrontando sia l’accesso al lavoro che il diritto all’adozione”, conferma la ricercatrice. “Questo rappresenta un grande merito delle associazioni di pazienti, che hanno ascoltato le istanze dei gruppi e sono riuscite a raccogliere le necessità e le preoccupazioni degli ex pazienti oncologici.”

A tal proposito, facciamo un breve punto sulla legge sul diritto all’oblio oncologico in Italia. È il 5 dicembre 2023 quando il Senato della Repubblica Italiana approva la legge “Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche”, che stabilisce un termine di 10 anni per il diritto all’oblio per tutti i tumori, ridotto a 5 anni se la diagnosi è avvenuta prima dei 21 anni. La legge è entrata in vigore il 2 gennaio 2024, e da allora sono stati emanati tre dei quattro decreti attuativi necessari per la sua completa operatività. Il primo decreto, emanato il 22 marzo 2024 dal ministero della Salute, definisce le patologie oncologiche con termini ridotti per il diritto all’oblio, come il tumore al colon retto al primo stadio e il tumore alla mammella ai primi due stadi, considerati guariti un anno dopo la fine del trattamento o dopo l’ultimo intervento chirurgico. Per alcune leucemie e il linfoma di Hodgkin (se diagnosticato prima dei 45 anni), il termine diventa di 5 anni. Il secondo decreto, pubblicato il 30 luglio 2024, regola le modalità di erogazione dei certificati che attestano l’oblio oncologico. Il terzo, invece, emanato lo scorso settembre, disciplina il procedimento delle adozioni, richiedendo che l’ex paziente oncologico presenti un certificato dell’azienda sanitaria al tribunale per confermare il diritto all’oblio. Adesso si attende l’ultimo decreto dal ministero del Lavoro, in collaborazione con quello della Salute, per promuovere politiche attive per garantire pari opportunità lavorative ai sopravvissuti al cancro e due deliberazioni da parte del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni per attuare l’oblio oncologico nei servizi bancari e assicurativi.

Gli ostacoli, le sfide, il futuro

Nonostante esistano già esempi in diversi stati membri, quindi, si fa sempre più urgente la necessità di un regolamento europeo che tuteli il diritto all’oblio oncologico. Come si legge in un articolo su The Conversation a firma di Mark Lawrler, un altro autore dello studio pubblicato sul Lancet, nel 2022 la commissaria europea per la Salute, Stella Kyriakides, ha sottolineato l’importanza di intervenire a livello europeo per facilitare l’accesso ai prodotti finanziari per gli ex pazienti oncologici. Sempre nel 2022, il Parlamento europeo ha esortato gli stati membri a introdurre legislazioni nazionali per garantire un accesso equo ai servizi finanziari per i sopravvissuti al cancro, ma molti Paesi hanno tardato a rispondere. Infine, nel settembre 2023, il Parlamento europeo ha approvato una nuova direttiva sul credito al consumo, che richiede agli Stati membri di garantire che l’accesso alle assicurazioni non si basi sui dati sanitari individuali dopo un “periodo di tempo rilevante” dalla fine del trattamento. Sebbene rappresenti un passo avanti, si legge nello studio, tale provvedimento è considerato insufficiente, poiché il periodo di attesa per l’applicazione del diritto all’oblio potrebbe arrivare fino a 15 anni, si applica solo ai crediti al consumo, escludendo molti altri servizi finanziari e infine, essendo una direttiva, lascia ai singoli Paesi la responsabilità di sviluppare le proprie leggi, mentre un regolamento sarebbe maggiormente vincolante.

“La creazione di un quadro normativo comune per tutti i 27 Paesi è probabilmente la soluzione più efficace per garantire che, anche in quelli dove mancano dati sufficienti a causa di capacità limitate o assenza di strumenti, tutti i pazienti possano avere garantito il loro diritto. Stiamo parlando di diritti fondamentali, di uguaglianza e di un principio di giustizia”, afferma Scocca, che sottolinea anche che ci troviamo in un mercato unico, dove le leggi e i criteri di uguaglianza e non discriminazione influenzano direttamente o indirettamente l’accesso a determinate opportunità. “Pertanto, è una questione di giustizia e di dignità per i pazienti che il diritto all’oblio venga riconosciuto a livello europeo”, conclude la ricercatrice.

Alla luce di tutto ciò, recentemente la Commissione europea ha consultato le parti interessate su un codice di condotta europeo, ma le istituzioni finanziarie stanno spingendo per un limite di tempo che potrebbe arrivare fino a 10-15 anni. Tale limite, però, va contro quello che affermano le statistiche mediche e le prove finanziarie derivanti da un Paese come la Francia, che ora ha più di otto anni di esperienza nell’implementazione del diritto all’oblio, e che applica un limite di cinque anni per tutti i pazienti oncologici, che siano pediatrici o adulti. “Questa decisione è stata spinta dalle organizzazioni di pazienti e si basa su studi epidemiologici recenti che dimostrano che il rischio si riduce significativamente dopo cinque anni. Un ulteriore segnale positivo è che alcune banche hanno eliminato il questionario sulla salute per qualsiasi tipo di prestito, un’iniziativa privata che non ha visto il coinvolgimento diretto dello Stato. La Francia, una delle maggiori economie europee, dimostra che non ci sono rischi economici significativi o fallimenti per il settore bancario e assicurativo; al contrario, vi è un’opportunità di crescita”. Comunque sia, continua Scocca, è importante riconoscere che ogni Paese ha le proprie specificità: le differenze nei termini e nei tipi di strumenti finanziari e assicurativi disponibili, così come gli importi dei premi, devono essere adeguate alle condizioni locali.

Ma le sfide non finiscono qui: un tema cruciale, anche nei Paesi che hanno già approvato una legge di questo tipo, è legato alla sua implementazione. “La Germania deve ancora approvare una legge sul diritto all’oblio, e stiamo ancora aspettando che altri grandi Paesi facciano la loro parte in questo senso. Tuttavia, la vera questione è se, una volta approvata la legge, possiamo essere certi che verrà implementata correttamente e che i pazienti ne saranno a conoscenza”. Anche in questo caso la soluzione migliore potrebbe essere di natura comunitaria.

“È fondamentale creare un punto di riferimento a livello europeo, un comitato o un’entità/organismo multipartitico, che si occupi di monitorare l’implementazione della legge e di garantire una corretta informazione per i pazienti”.

Questo organismo, aggiunge la ricercatrice, dovrebbe anche assicurare l’applicazione adeguata della legge da parte di banche e compagnie assicurative. Infine, tutte queste azioni andrebbero a comporre un quadro molto più ampio. “Oggi, nel 2024, possiamo finalmente iniziare a parlare di persone che guariscono, sopravvivono e che hanno un’intera vita davanti dopo aver affrontato il cancro. È fondamentale, quindi, porsi l’obiettivo di ripristinare per tutti una qualità della vita la più alta possibile e il diritto all’oblio, l’accesso al lavoro e all’adozione sono tutti elementi essenziali per garantire e ripristinare la qualità della vita dopo un’esperienza di cancro. Questi temi devono essere prioritari nell’agenda politica dei nostri Paesi e dell’Unione Europea. È necessario tradurre queste intenzioni in leggi concrete che impattino positivamente sulla vita dei pazienti”.

 

Foto in copertina generata con AI