Nel trattamento del linfoma mantellare, un raro tipo di linfoma non Hodgkin, l’aggiunta di ulteriori farmaci al regime standard di bendamustina e rituximab (BR+R) non ha dimostrato miglioramenti significativi nella sopravvivenza dei pazienti. Su Blood, l’ematologo Carlo Visco commenta i risultati del trial
Quante volte si dice che “di più” non significa “meglio”? Questo concetto può rivelarsi vero anche in medicina – almeno in alcuni casi. È quanto sottolineato da un articolo, da poco pubblicato su Blood, a commento di uno studio che riporta i risultati di un ampio trial dedicato alla valutazione della terapia per il linfoma mantellare, una rara forma di linfoma non Hodgkin. Il titolo del commento è eloquente e rappresenta già un’ottima sintesi dei risultati del trial: More is not always better.
“Grazie all’ottimo lavoro di Smith e colleghi, che ha riportato dati solidi e a lungo termine sull’efficacia della combinazione BR+R, abbiamo ora una base consolidata per il trattamento dei pazienti con linfoma mantellare a rischio standard che potrebbero non essere candidati per regimi terapeutici intensivi”, scrive Carlo Visco, autore del commento e professore associato all’Università di Verona, commentando il risultato del trial.
Quale terapia per il linfoma mantellare? I dati dal trial
In effetti, la terapia del linfoma mantellare non ha uno standard a livello globale. Questo tumore, che deve il suo nome all’area in cui si sviluppa (il mantello dei linfonodi, cioè il mantello che circonda i follicoli linfatici), è trattato nei pazienti più anziani, non candidati all’autotrapianto, o con R-CHOP, un regime chemioterapico intensivo basato su 5 farmaci, o con la combinazione di un chemioterapico e un anticorpo monoclonale, la bendamustina e il rituximab (BR); quest’ultimo è poi usato anche nella terapia di mantenimento (in sigla, BR+R). A favore di quest’ultima strategia, in particolare, stanno emergendo sempre più dati favorevoli, compresi quelli del recente studio di Smith e colleghi.
Il gruppo di ricerca ha condotto un trial randomizzato, a quattro bracci, per valutare la sopravvivenza libera da progressione di malattia dei pazienti. Un gruppo riceveva la sola terapia BR+R; il secondo aggiungeva il chemioterapico bortezomib durante la fase d’induzione e il terzo aggiungeva la lenalidomide, un immunomodulante, alla fase di mantenimento. Nel quarto gruppo, infine, i pazienti ricevevano sia il bortezomib sia il lenalidomide in aggiunta al BR+R. I risultati evidenziano come nessuna aggiunta farmacologica migliorasse gli effetti del trattamento “di base”.
Quando più farmaci non significano maggior efficacia
“Che il trattamento per una determinata patologia non abbia uno standard globale è abbastanza comune; è però necessario trovare un accordo, dal punto di vista scientifico, sulle strategie più efficaci. Il nuovo trial fa proprio questo, ed è dal suo ruolo che nasce il mio commento”, spiega Visco. “Lo studio evidenzia come nessuna aggiunta farmacologica migliori l’efficacia del trattamento BR+R: più farmaci, insomma, non significa risultati migliori, almeno nel caso del linfoma mantellare”. More is not always better, appunto.
“È importante precisare che in questo caso il problema non è legato al sovra-trattamento (l’uso di bortezomib e lenalidomide ha peraltro evidenziato tossicità superiore, e comunque un trattamento con un minor numero di farmaci è per forza meno intenso di un altro che ne impiega di più), quanto di capire quale strategia sia più efficace”, aggiunge l’ematologo.
Anche alla luce di questi dati, due sono gli aspetti che vale la pena evidenziare, uno negativo e uno positivo.
Quello negativo: esistono ancora sottogruppi, di ogni età, di pazienti refrattari al trattamento e sui quali la ricerca deve adesso concentrarsi. Quello positivo: per i pazienti a rischio standard, che rappresentano la maggioranza delle persone con linfoma mantellare, la terapia BR+R offre ottimi risultati ed è ben tollerata, anche se richiede una fase di mantenimento di alcuni anni.
“E non è poco”, conclude Visco. “Parliamo di un tumore aggressivo nella maggior parte dei casi, la cui prognosi negli anni è migliorata in modo davvero significativo”.
Il commento di Visco è consultabile qui: https://ashpublications.org/blood/article/144/10/1033/517563/More-is-not-always-better
Lo studio è disponibile qui: https://ashpublications.org/blood/article-abstract/144/10/1083/516345/Randomized-study-of-induction-with-bendamustine?redirectedFrom=fulltext