I pazienti onco-ematologici sono particolarmente esposti ai rischi di infezione da nuovo coronavirus. Durante l’emergenza, i medici hanno fornito assistenza ai malati nonostante le difficoltà dovute alle misure restrittive di sicurezza e alle scarse conoscenze sulla nuova patologia, COVID-19.

Lo scorso maggio, un gruppo di ricercatori internazionali in collaborazione con l’Associazione europea di ematologia (EHA) ha pubblicato sulla rivista Leukemia le risposte alle domande più frequenti (FAQ) che i medici si pongono sull’assistenza ai pazienti onco-ematologici durante questo periodo di emergenza. La pubblicazione era pensata per affrontare le prime fasi dell’emergenza. Con l’aiuto di Livio Pagano, professore di Ematologia all’Università Cattolica del Sacro cuore di Roma e tra gli autori dell’articolo, GIMEMA informazione ne sintetizza e aggiorna i contenuti alla luce delle nuove conoscenze acquisite sul virus e la malattia.

 

1) Qual è il rischio per il paziente onco-ematologico di avere un decorso grave della malattia?

I dati attualmente disponibili mostrano un tasso di mortalità nei pazienti con una malattia neoplastica intorno al 20-25% più alto rispetto a quello dei soggetti sani della popolazione. I pazienti con cancro sembravano avere maggiore probabilità di complicazioni gravi della malattia (ricovero in terapia intensiva, necessità di ventilazione assistita). Si devono considerare come potenziali fattori di rischio per un decorso grave di COVID-19: linfocitopenia (diminuzione del numero dei linfociti), neutropenia (numero basso di neutrofili), ed età avanzata. I medici dovrebbero anche essere consapevoli del fatto che i pazienti affetti da cancro in genere guariscono dalle infezioni delle vie respiratorie più lentamente.

 

2) Cosa si può fare per prevenire COVID-19?

I pazienti devono essere consapevoli di essere in una particolare situazione di fragilità e devono essere spiegate loro tutte le specifiche misure igieniche e l’importanza della distanza fisica dagli altri. Tutti i membri della famiglia sintomatici o quelli ad alto rischio di infezione da SARS-CoV-2 devono stare lontani dai pazienti oncologici. La vaccinazione contro l’influenza e soprattutto contro lo pneumococco dovrebbero essere raccomandati per tutti i pazienti.

 

3) Quali misure devono essere prese per effettuare le visite?

I pazienti onco-ematologici possono correre particolari rischi durante le visite di controllo in ambulatorio. Il consiglio è di fare i controlli ematochimici a casa; poi attraverso pratiche di telemedicina (utilizzo di indirizzi e-mail e numero di telefono dedicati) prendere contatto con il centro ematologico/oncologico per eventuali modifiche alle terapie e appuntamenti per i controlli. Nei casi in cui non è possibile mettere in atto questa pratica, è importante fare in modo che i tempi nelle sale di attesa siano ridotti al minimo programmando in modo preciso gli orari delle visite. Bisogna evitare inoltre che gli accompagnatori siano presenti nelle sale di attesa o durante la visita.

 

4) Quali esami devono essere fatti a una persona che mostra sintomi di infezione delle vie respiratorie superiori e inferiori?

Nei pazienti onco-ematologici che hanno sintomi di infezione delle vie respiratorie l’identificazione dell’agente infettivo ha conseguenze terapeutiche importanti. Sono fortemente consigliati esami per l’identificazione di: SARS-CoV-2, influenza, parainfluenza, metapneumovirus umani, altri coronavirus umani e agenti patogeni respiratori come gli pneumococchi. Per la diagnosi è necessario utilizzare la TAC invece che la radiografia del torace. Se è presente infezione delle vie respiratorie inferiori, i pazienti devono sottoporsi ai test microbiologici per verificare la presenza della superinfezione batterica o fungina, che sono le complicanze più pericolose.

 

5) Quali misure terapeutiche generali devono essere adottate nei confronti di una persona affetta da SARS-CoV-2?

Là dove è possibile bisogna migliorare lo stato immunologico del paziente. Allo stesso tempo è importante interrompere la chemioterapia. Esiste un numero rilevante di casi di iperinfiammazione in decorsi gravi di COVID-19 che suggerisce di prendere in considerazione farmaci antinfiammatori. Inoltre, a causa della maggiore incidenza di embolia polmonare, sono raccomandate terapie antitrombotiche.

 

6) Come si può trattare COVID-19?

Attualmente, non ci sono opzioni di trattamento approvate in Europa e non c’è un vaccino disponibile. Gli specialisti delle malattie infettive devono essere coinvolti nelle decisioni terapeutiche. Tutte le precauzioni prese nei confronti di pazienti onco-ematologici risultati positivi a COVID-19 devono durare fino a quando non ci sono più segni clinici di infezione in corso e il test del paziente non risulti negativo.