La citofluorimetria multiparametrica è uno strumento semplice, riproducibile ed economicamente vantaggioso che può aiutare a identificare sottogruppi di pazienti con mieloma multiplo alla diagnosi e, di conseguenza, migliorare la loro stratificazione in gruppi di rischio. Questo è quanto emerge da uno studio condotto dall’Istituto di Ematologia dell’Università Sapienza di Roma.
Il mieloma multiplo è una malattia eterogenea caratterizzata dalla espansione di plasmacellule anomale, tutte uguali, a livello del midollo. Proprio per l’eterogeneità della malattia, è di estrema importanza poter classificare i pazienti all’esordio.
Lo studio dell’Università “Sapienza” ha coinvolto 84 pazienti affetti da mieloma multiplo di nuova diagnosi con l’obiettivo di descrivere il profilo antigenico delle plasmacellule neoplastiche, rilevato mediante citofluorimetria multiparametrica. In particolare, come spiega Francesca Fazio, specialista in ematologia all’Università Sapienza di Roma, “lo scopo del lavoro era quello di valutare le caratteristiche immunofenotipiche delle plasmacellule anomale, indagando l’eventuale correlazione tra il fenotipo aberrante, le caratteristiche cliniche e le anomalie citogenetiche della malattia”.
I ricercatori hanno preso a riferimento il sistema internazionale per stabilire lo stadio della malattia (ISS) e quello revisionato (R-ISS). In base a questi, il 38% dei pazienti presentava uno stadio I per il ISS e il 46% uno stadio II per il sistema R-ISS. Il 15% dei pazienti, inoltre, mostrava anomalie citogenetiche considerate a prognosi sfavorevole, quali la delezione dei bracci corte del cromosoma 17, la traslocazione t(4;14) e la t(14;16). La citofluorimetria a flusso eseguita su tutti i campioni di midollo osseo ha mostrato come gli antigeni CD56 e CD117 erano frequentemente espressi sulle plasmacellule neoplastiche, mentre gli antigeni CD45, CD28, CD20, CD19, CD13 e CD33 erano meno frequenti.
“Nei nostri pazienti, abbiamo trovato che l’espressione dell’antigene CD28 era correlata all’assenza del CD56“, continua Francesca Fazio. “Il CD28 è solitamente associato a una malattia in rapida evoluzione e a una maggiore resistenza ai trattamenti. In questi pazienti, è più frequente la presenza della traslocazione t(14;16), considerata a prognosi sfavorevole. L’antigene CD56 è solitamente espressa sulla superficie delle plasmacellule neoplastiche, ma uno studio di recente pubblicazione ha ipotizzato che la sua assenza potrebbe essere associata a un minore grado di maturazione delle cellule tumorali e a maggiore aggressività della malattia”.
L’espressione dell’antigene CD20 è stata invece associata più frequentemente al mieloma multiplo di tipo secernente rispetto alle forme non secernenti. “All’interno del gruppo di pazienti in esame, il CD20 e il CD28 sono stati i due antigeni di superficie che hanno mostrato la maggiore correlazione con una malattia più estesa. Sono di estrema utilità per identificarne all’esordio una probabile evoluzione aggressiva”, sottolinea Francesca Fazio.
“Alla luce dei risultati ottenuti, possiamo dire che le plasmacellule neoplastiche CD28 positive e CD56 negative potrebbero identificare un sottogruppo di pazienti alla diagnosi con caratteristiche sfavorevoli”. Infatti, continua Francesca Fazio, “in questo sottogruppo di pazienti la percentuale di risposta completa al trattamento, è stata più bassa.” Invece, i pazienti con positività CD20 presentavano livelli più elevati di componente monoclonale sierica.
Da tale studio è emerso che, coerentemente con la natura eterogenea della malattia, il profilo antigenico delle plasmacellule del mieloma multiplo è altamente variabile. “Per questo la citufluorimetria multiparametrica rappresenta uno strumento utile, accurato e riproducibile per identificare i diversi gruppi di pazienti al momento della diagnosi. Un numero maggiore di pazienti con un follow-up prolungato sono necessari per confermare queste osservazioni preliminari”, conclude Francesca Fazio.