CDC20 rappresenta un promettente bersaglio terapeutico che apre la strada allo sviluppo di nuovi trattamenti antitumorali. È quanto emerso da una revisione della letteratura scientifica recentemente pubblicata su Journal of Experimental & Clinical Cancer Research che ha preso in esame numerose ricerche riguardanti il ruolo di CDC20 nelle leucemie, nel mieloma multiplo, nei linfomi e nella sindrome mielodisplastica.
CDC20 (Cell Division Cycle 20) è un gene localizzato sul braccio corto del cromosoma 1, che codifica per una proteina (omonima) la cui funzione più conosciuta e studiata è quella di regolazione delle ultime fasi della mitosi cellulare. Se alterato, può contribuire allo sviluppo e all’evoluzione di diversi tumori ematologici.
La mitosi è la tappa finale di un processo fisiologico chiamato ciclo cellulare che permette alle cellule di dividersi e formare due cellule figlie identiche allo scopo di mantenere inalterato il numero totale di cellule – e quindi le funzioni – di un organo o tessuto.
È un processo complesso e finemente regolato, ma quando viene alterato da mutazioni che avvengono sui geni che lo controllano può diventare un’arma al servizio dei tumori. Nelle cellule maligne uno o più geni implicati nel ciclo cellulare sono alterati e permettono alle stesse cellule di replicarsi potenzialmente all’infinito, determinando l’accrescimento della massa tumorale.
Un’eccessiva produzione della proteina CDC20 è stata riscontrata in numerosi tumori solidi come ad esempio quelli del pancreas, del seno e della prostata. Inoltre, per molti di questi tumori, può dare informazioni riguardo alla prognosi. Infatti, elevati livelli di CDC20 sono spesso associati agli stadi più avanzati e più gravi di malattia.
In linea con le conoscenze nell’ambito oncologico, è stato evidenziato il ruolo patogenetico di CDC20 anche per i tumori ematologici. Un’elevata espressione di CDC20 è associata a una riduzione della sopravvivenza dei pazienti e a una prognosi peggiore nel mieloma multiplo, nella leucemia linfatica cronica, nella sindrome mielodisplastica e nella leucemia mieloide acuta. CDC20 è associato anche alla riduzione della risposta ai farmaci inibitori delle tirosin-chinasi (TKI) usati nella terapia contro la leucemia mieloide cronica.
Alla luce delle evidenze emerse nella revisione della letteratura scientifica condotta dal gruppo di ricerca dell’IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori (IRST) “Dino Amadori” di Meldola, CDC20 rappresenta un target terapeutico promettente e diversi farmaci inibitori sono già stati sviluppati e testati per la loro efficacia nel contrastare lo sviluppo dei tumori nei quali è presente un difetto di espressione della proteina CDC20. Alcuni degli inibitori di CDC20 – come Apcin e proTAME – sono in grado di potenziare l’efficacia dei farmaci convenzionalmente utilizzati nel trattamento di diversi tumori ematologici.
L’impiego degli inibitori di CDC20 nella pratica clinica è tuttavia ostacolato dalla loro scarsa biodisponibilità (la capacità di un farmaco di raggiungere il sito d’azione) che determina la necessità di somministrare elevati dosaggi per raggiungere la finalità terapeutica.
Il lavoro del gruppo di ricerca di Meldola evidenzia un crescente interesse nell’utilizzare la proteina CDC20 implicata nella mitosi come bersaglio terapeutico nei tumori ematologici, che molto probabilmente porterà in futuro a nuove ricerche in ambito farmacologico per lo sviluppo di nuove strategie di trattamento, a una migliore capacità di identificare i pazienti che possono trarne giovamento e alla definizione della finestra terapeutica ottimale.