Un nuovo farmaco sembra offrire una promettente prospettiva di cura della leucemia linfatica cronica, soprattutto per i pazienti a rischio più elevato.
Dal punto di vista biologico il venetoclax, questo il nome, è un farmaco attivo su un bersaglio biologico differente dalla tirosin chinasi contro cui da qualche anno si usano degli inibitori efficaci, ma non nella totalità dei casi. È in questo contesto che il venetoclax può fare la differenza.
L’ultimo degli studi pubblicati al riguardo è apparso la scorsa settimana sulla rivista The Lancet Oncology, in cui sono presentati gli ottimi risultati ottenuti su pazienti considerati sfavoriti, resistenti alle terapie o con una recidiva di malattia.
Dal punto di vista terapeutico è interessante notare come gli inibitori della tirosin chinasi sembrano essere più attivi nei linfonodi piuttosto che nel sangue circolante, dove la linfocitosi (l’aumento del numero di linfociti) persiste. Al contrario il venetoclax sembra essere più attivo nel sangue e nel midollo osseo piuttosto che nei linfonodi. Questa apparente complementarietà potrebbe rappresentare un razionale per valutare l’efficacia dell’associazione terapeutica dei differenti trattamenti.
Abbiamo chiesto un commento a Francesca Mauro, ematologa e membro del gruppo di lavoro dedicato nel GIMEMA: “Il farmaco sembra fantastico, è efficace e riesce a dare risposte anche in pazienti con caratteristiche sfavorevoli. Ma è necessario proseguire con gli studi, sia per esplorare associazioni terapeutiche con altri farmaci, sia per approfondire il profilo di rischio nel lungo periodo di una terapia così nuova”. Il GIMEMA sta già progettando uno studio che ne prevede l’utilizzo.