L’antigene di superficie CD146 è maggiormente espresso nei blasti linfoidi B Ph+. Questa correlazione potrebbe essere utile nella diagnosi citofluorimetrica della malattia.

Tra le leucemie acute linfoblastiche a cellule B (B-ALL, Acute lymphoblastic leukemias), quella Philadelphia positiva (Ph+) rappresenta il sottogruppo più frequente nell’adulto, con un’incidenza che aumenta progressivamente con l’aumentare dell’CD146età. Un gruppo di ricercatori italiani ha studiato un nuovo antigene, CD146, presente sulla superficie delle cellule leucemiche B Ph+, che potrebbe essere utile nella diagnosi immunofenotipica della malattia, insieme ad altre peculiari caratteristiche antigeniche. Lo studio è stato di recente pubblicato sulla rivista Mediterranean Journal of Hematology and Infectious Diseases.

In passato, la leucemia acuta linfoblastica B Ph+ era considerata la neoplasia ematologica con il decorso più infausto, in quanto poco rispondente alla chemioterapia.

A partire dagli anni duemila, con l’introduzione nella pratica clinica degli inibitori specifici delle tirosin-chinasi, ovvero una terapia mirata alla lesione genetica che caratterizza la leucemia linfoblastica acuta a cellule B Ph+, la prognosi è notevolmente migliorata.

Per questo, identificare con rapidità e precisione le B-ALL Ph+ è fondamentale per accelerare i tempi di intervento e trattare il paziente con terapie mirate.

In generale, come primo step per l’identificazione del tipo di leucemia viene utilizzata la citometria a flusso multiparametrica (MFC, Multiparametric flow cytometry), una tecnologia che analizza rapidamente l’immunofenotipo della cellula, ovvero identifica la presenza di specifiche proteine, o antigeni, che sono marcatori della malattia. Dopo questo primo step, per classificare il sottotipo di leucemia come le B-ALL Ph+, vengono eseguiti test genetico-molecolari per ricercare il trascritto di fusione BCR::ABL1, che è caratteristico di questa forma di malattia e che deriva da una traslocazione cromosomica, cioè una riorganizzazione anomala dei cromosomi, che dà origine, nel caso specifico, al cromosoma Philadelphia.

CD146 è una proteina presente sulla superficie di alcune cellule del sistema vascolare e in vari tipi di tumore. In alcuni studi precedenti, CD146 era stato collegato alla progressione tumorale e alla capacità delle cellule tumorali di diffondersi, ma il suo ruolo nelle leucemie non è ancora ben chiaro. In questo studio, i ricercatori ne hanno voluto indagarne l’utilità come marcatore antigenico nella diagnostica citofluorimetrica della B-ALL Ph+. A tale scopo, CD146 è stato inserito nel pannello diagnostico della citometria a flusso, e ne è stata analizzata l’espressione in 245 casi di B-ALL riferiti presso la Divisione di Ematologia della Università Sapienza di Roma.

I risultati dello studio hanno dimostrato che i blasti delle B-ALL Ph+ presentano livelli più alti di CD146, rispetto alle altre forme di B-ALL.

In più, l’analisi ha confermato che l’inclusione di CD146 nel pannello citofluorimetrico migliora la capacità di differenziare le B-ALL Ph+ dalle cosiddette B-ALL Ph-Like, che hanno una somiglianza genetica, ma mancano della presenza del trascritto BCR::ABL1. “Dallo studio abbiamo potuto osservare come la presenza dell’antigene CD146 fosse associata al gene di fusione BCR::ABL, che identifica la leucemia acuta linfoblastica B Ph+ rispetto alle altre forme di B-ALL, in particolare dalle forme B-ALL Ph-like. Quindi, il CD146, essendo correlato al trascritto BCR::ABL1 che si evidenzia nella leucemia linfoblastica acuta a cellule B Ph+, potrebbe essere utile nell’iter diagnostico di questo tipo di leucemia. Potrebbe ora essere importante studiare in che modo la presenza dell’antigene CD146 si possa associare anche ad eventuali caratteristiche cliniche del paziente e quindi valutare non solo la sua utilità nell’iter diagnostico, ma anche un suo ruolo come possibile indicatore di prognosi e/o di risposta ai trattamenti”, commentano gli autori dello studio.