Lo studio osservazionale PROPHECY, condotto da GIMEMA e presentato al congresso dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA) nel giugno 2024, ha indagato e valutato la qualità della vita dei pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative Philadelphia-negative (Ph-NMP). È emerso che per i pazienti affetti da Ph-NMP e, in particolar modo quella dei pazienti affetti da mielofibrosi primaria, la qualità di vita è tendenzialmente peggiore rispetto alla popolazione sana.

Le neoplasie mieloproliferative Philadelphia-negative sono un gruppo di disordini ematologici a carico della cellula staminale ematopoietica in cui si assiste ad una proliferazione anomala di una o più serie cellulari. Ne fanno parte la policitemia vera – caratterizzata da un’anomala proliferazione di tutti gli elementi cellulari in particolare dei globuli rossi – la trombocitemia essenziale – caratterizzata da un numero patologicamente elevato di piastrine – e la mielofibrosi primaria, una sindrome caratterizzata da fibrosi midollare, splenomegalia (ingrossamento milza), anemia e distintivi globuli rossi a forma di “goccia”.

L’analisi dello studio PROPHECY ha riguardato un totale di 548 pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative Philadelphia-negative reclutati nei principali centri ematologici italiani tra il giugno del 2020 e il novembre del 2023, comparandone la qualità della vita con quella della popolazione generale.

Giovanni Caocci, professore associato di Ematologia e direttore della Scuola di specializzazione in Ematologia d’Università di Cagliari, primo nome dello studio, ha spiegato:

“Il protocollo PROPHECY rappresenta un primo esempio di raccolta dati prospettica sulla qualità della vita legata allo stato di salute in pazienti italiani affetti da sindromi mieloproliferative croniche Philadelphia-negative e, permetterà in seguito, di analizzare numerosi dati relativi allo stato di benessere psico-fisico di questi pazienti, in relazione alla patologia e ai trattamenti intrapresi. Infatti, al momento non esistono dati da ‘registro’ provenienti da pazienti italiani affetti da queste patologie”.

I criteri di valutazione hanno incluso due scale, la prima valutava la funzionalità fisica, emozionale, sociale e la qualità della vita complessiva. La seconda riguardava i sintomi della malattia, in particolar modo la fatigue, termine tecnico che indica affaticamento.

I pazienti affetti da mielofibrosi hanno riportato punteggi indicativi di una minor qualità di vita rispetto alla popolazione sana in quattro dei cinque aspetti valutativi sulla qualità della vita e una maggiore fatigue.

I pazienti con policitemia vera, invece, hanno mostrato un peggioramento della qualità della vita rispetto alla popolazione sana in relazione alla fatigue e nell’ambito del funzionamento sociale, mentre i pazienti con trombocitemia essenziale hanno mostrato punteggi inferiori solo nell’ambito del funzionamento sociale.

Queste informazioni possono aiutare i clinici e i pazienti ad affrontare al meglio le difficoltà più rilevanti sperimentate dai pazienti affetti da Ph-NMP.

“Sarà molto importante valutare il significato prognostico di alcuni sintomi, come ad esempio la fatigue, sulla sopravvivenza globale dei pazienti. Il ricorso a quella tipologia di dati provenienti dalle valutazioni del paziente rappresenta un moderno approccio dell’ematologia, che coniuga variabili cliniche e biologiche con gli aspetti di qualità della vita del paziente. Questo permetterà di ‘disegnare’ terapie sempre più mirate alle singole caratteristiche del paziente e di valutarne in anticipo la possibile fragilità, evitando trattamenti che potrebbero deteriorare pesantemente la qualità di vita”. Ha concluso Caocci.