I dati sulla qualità della vita dei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica potrebbero essere importanti indicatori della risposta precoce al trattamento con i farmaci inibitori della tirosin-chinasi. È quanto emerge da alcuni risultati dello studio GIMEMA-SUSTRENIM della Fondazione GIMEMA presentato al congresso della European Hematology Association (EHA) che si è tenuto a Madrid tra il 13 e il 16 giugno 2024.

Lo studio presentato da Fabio Efficace, direttore dell’Unità Qualità della vita GIMEMA, ha esaminato i dati riferiti dai pazienti stessi sulla loro qualità della vita per individuare un’eventuale correlazione con il raggiungimento di una risposta molecolare precoce dopo tre mesi di trattamento con gli inibitori della tirosin-chinasi (TKI — Tyrosin Kinase Inhibitor) come nilotinib e imatinib.

Nella leucemia mieloide cronica (CML), un tumore del midollo osseo che colpisce i globuli bianchi della linea mieloide, si ha una riposta molecolare precoce (EMR — Early Molecular Response) quando il livello di trascritto del gene Philadelphia BCR-ABL1, ovvero il gene riarrangiato caratteristico della CML, raggiunge un valore inferiore al 10% dopo tre mesi dall’inizio del trattamento.

Questo valore può essere sfruttato per predire il livello di sopravvivenza globale (OS — Overall Survival) a lungo termine e il raggiungimento di una risposta molecolare profonda (DMR — Deep Molecular Response). Avere in anticipo un’indicazione sulla probabilità di un paziente di raggiungere una risposta molecolare precoce, quindi, permetterebbe al medico di fare una prognosi più accurata.

“Analizzando i dati di un ampio campione di 448 pazienti con una nuova diagnosi di leucemia mieloide cronica trattati con TKI, volevamo esplorare la possibilità di predire il raggiungimento della risposta molecolare precoce partendo dai dati sulla qualità della vita raccolti prima del trattamento attraverso la compilazione di questionari validati come l’EORTC QLQ-C30 e l’EORTC QLQ-CML24”, spiega Efficace.

La risposta molecolare precoce è stata raggiunta da 190 pazienti sui 202 (94%) assegnati al gruppo sperimentale che prevedeva la somministrazione di nilotinib e da 151 pazienti sui 194 (78%) assegnati al gruppo di trattamento con imatinib.

“Sono risultati associati al raggiungimento della risposta molecolare precoce fattori come l’età, il trattamento con nilotinib e il basso livello di rischio definito dalla classificazione Sokal ai quali si aggiungono fattori legati alla qualità di vita.

Molti dei pazienti che hanno ottenuto una EMR, infatti, sono quelli che all’inizio del trattamento avevano già degli alti punteggi nella scala che misura il livello di autonomia funzionale e la capacità di svolgere le attività quotidiane”, conclude Efficace.

Questi risultati sottolineano la necessità di valutare anche la qualità della vita dei pazienti fin dall’inizio del trattamento per personalizzare e ottimizzare le strategie terapeutiche, e aprono la strada a ulteriori ricerche per comprendere meglio i meccanismi alla base di questa associazione con l’obiettivo di migliorare ulteriormente i risultati a lungo termine.