I risultati, preliminari ma promettenti, di un nuovo studio GIMEMA presentato al congresso ASH 2022 mettono in luce tutto il potenziale di strategie terapeutiche con venetoclax.
Il medicinale innovativo venetoclax sembra apportare un vantaggio significativo ai pazienti con leucemia mieloide acuta: è quanto emerge da un nuovo studio condotto da GIMEMA e presentato durante la 64esima edizione del congresso della Società americana di ematologia (ASH 2022), che si è tenuto dal 10 al 13 dicembre 2022, a New Orleans, negli Stati Uniti.
I ricercatori, infatti, hanno confrontato i risultati di uno studio GIMEMA concluso nel 2015 con quelli intermedi dello studio GIMEMA AML1718, ancora in corso, che indaga sicurezza, tollerabilità ed efficacia del venetoclax, insieme alla chemioterapia intensiva, in pazienti con leucemia mieloide acuta, per verificare che ci fosse un reale vantaggio nella somministrazione del medicinale. I risultati, preliminari ma promettenti, soprattutto in termini di remissione completa e di malattia minima residua, mettono in luce tutto il suo potenziale per il trattamento della leucemia mieloide acuta.
“Durante gli ultimi anni, nei suoi studi clinici GIMEMA ha proposto principalmente due tipi di strategie terapeutiche per la leucemia mieloide acuta: un approccio adattato al rischio e guidato dalla malattia residua e un approccio basato sulla chemioterapia combinata con la somministrazione di venetoclax”, afferma Alfonso Piciocchi, primo autore dello studio e coordinatore scientifico della Fondazione GIMEMA. La prima strategia terapeutica è quella indagata dallo studio GIMEMA AML1310, iniziato nel 2009 e concluso nel 2015, che ha valutato l’efficacia dell’approccio basato su chemioterapia intensiva e trapianto stratificato per rischio e malattia minima residua dei pazienti adulti con leucemia mieloide acuta. La seconda, invece, è la strategia terapeutica proposta nello studio AML1718, ancora in corso e basata sulla somministrazione di venetoclax in combinazione con chemioterapia intensiva, in pazienti con leucemia mieloide acuta a rischio intermedio/alto.
Il venetoclax è un medicinale innovativo, al momento approvato in Italia per il trattamento di pazienti adulti affetti da leucemia linfatica cronica.
Questa molecola agisce su Bcl-2, proteina presente nelle cellule in grado di regolare la cosiddetta morte programmata, processo che avviene fisiologicamente quando le cellule sono danneggiate, malate o dannose per l’organismo. Spesso, però, nelle cellule tumorali questo processo è bloccato e la morte programmata non avviene, provocando resistenze ai trattamenti chemioterapici e aumentando la probabilità di recidive; agendo su questo processo, invece, venetoclax sarebbe in grado di migliorare gli esiti della chemioterapia.
In effetti, sulla base dell’analisi intermedia di AML1718, venetoclax non solo si è dimostrato sicuro, ma ha anche mostrato di avere un’attività promettente in pazienti con leucemia mieloide di nuova diagnosi a rischio intermedio e alto. Al fine di valutare l’effettivo vantaggio apportato da questo medicinale in aggiunta alla chemioterapia, i ricercatori hanno voluto confrontare i risultati intermedi di GIMEMA AML1718 con quelli di AML1310.
“La difficoltà iniziale di questo confronto è che le caratteristiche cliniche e biologiche dei pazienti al momento dell’arruolamento presentano delle differenze tra i due studi. In altre parole, questi due studi non possono essere confrontati direttamente senza aver prima bilanciato le caratteristiche dei due gruppi di pazienti. Con questo scopo abbiamo utilizzato il metodo del propensity score matching – sottolinea Piciocchi – uno strumento statistico che serve ad appaiare due coorti di pazienti, eliminando possibili confondenti, in modo da ottenere risultati confrontabili tra loro”.
Da questa analisi statistica è emerso che la combinazione di venetoclax con la chemioterapia nei pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi ha portato a risultati rilevanti, sia in termini di tasso di remissione completa sia in termini di malattia minima residua.
“Questi risultati sono fondamentali perché avere condizioni cliniche più favorevoli prima del trapianto predice un migliore andamento del paziente nel periodo successivo”, aggiunge Piciocchi.
Per quanto riguarda gli esiti di sopravvivenza, i risultati sono promettenti, ma dovranno essere confermati alla fine dello studio AML1718. “La strada, comunque, sembra essere quella giusta: questi risultati preliminari evidenziano il vantaggio di venetoclax aggiunto alla chemioterapia e aprono la strada a nuovi regimi di combinazione basati su questa molecola”, conclude il ricercatore.