Durante l’ottava edizione del Festival della scienza medica a Bologna si è parlato della medicina di precisione e delle grandi potenzialità che riserva per l’ematologia.
La medicina di precisione, termine con cui si intendono tutte quelle pratiche cliniche cucite sulla specificità genetica, epigenetica, metabolica e immunologica di ogni singola persona, è considerata la medicina del futuro, ma non solo. Fa parte, infatti, anche del presente di molti ambiti clinici, soprattutto per quanto riguarda l’ematologia, in cui questo approccio è stato già implementato con successo attraverso trattamenti come l’immunoterapia e la terapia con cellule CAR-T. È proprio questo il tema chiave dell’intervento “La medicina di precisione in ematologia”, tenutosi durante l’ottava edizione del Festival della scienza medica a Bologna, in cui i relatori, Paolo Corradini, direttore del Dipartimento di ematologia e onco-ematologia pediatrica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano e Stefano Pileri, direttore dell’Unità di diagnosi emolinfopatologica dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, hanno presentato alcuni aspetti salienti della medicina di precisione impiegati nella corrente pratica clinica, per una cura sempre migliore dei pazienti ematologici.
Una definizione di medicina di precisione
Ma cosa si intende per medicina di precisione? Pileri riassume la definizione del National research council statunitense in questo modo:
“La medicina di precisione è un modello di ottimizzazione della cura mediante decisioni, trattamenti, pratiche o prodotti ritagliati per le caratteristiche di un gruppo di pazienti, contrapposto al modello ‘una terapia uguale per tutti’”.
L’approccio più tradizionale della medicina, infatti, è quello universale, in cui vengono sviluppate strategie di trattamento e prevenzione delle malattie sulla base della persona media, con meno considerazione per le differenze intrinseche presenti tra i singoli individui o tra determinati gruppi di persone. Ogni persona (o gruppo di persone, come per esempio quelle di sesso femminile o quelle anziane), invece, possiede precise caratteristiche genetiche, metaboliche, immunologiche, epigenetiche che la rendono diversa dagli altri. A volte queste differenze hanno un grande impatto sul funzionamento di cure e strumenti di prevenzione, che funzioneranno meglio in alcuni gruppi di pazienti piuttosto che in altri.
È qui che interviene la medicina di precisione: attraverso test diagnostici, analisi molecolari o cellulari, tecniche di imaging, bioinformatica e altri approcci altamente tecnologici, si ottiene un quadro che ritrae l’individualità di ogni situazione, di cui poi si terrà conto nello sviluppo di trattamenti. Il concetto di precisione nella medicina poi può essere esteso alla personalizzazione della cura, ovvero alla realizzazione di prodotti adatti alle caratteristiche biologiche di ogni individuo: ecco perché i termini medicina di precisione e medicina personalizzata spesso sono utilizzati come sinonimi.
Esempi di medicina di precisione in ematologia
L’utilizzo dell’approccio di precisione in medicina ha condotto allo sviluppo trattamenti innovativi, tra cui la CAR-T (acronimo dall’inglese “Chimeric antigen receptor T cell therapies”), una terapia genica antitumorale personalizzata che ha lo scopo di addestrare il sistema immunitario del paziente a riconoscere e distruggere specificamente le cellule tumorali e che ha trovato diverse applicazioni nell’ambito ematologico. Il trattamento CAR-T prevede che vengano prelevati dal paziente i suoi linfociti T e che vengano modificati geneticamente in laboratorio: in particolare, sulla superficie delle cellule viene fatta esprimere una proteina che è in grado di legarsi specificamente a un’altra proteina espressa dai linfociti B molto frequente nelle leucemie. Dopo la manipolazione in laboratorio, i linfociti T vengono reinfusi nel paziente e, una volta in circolo, le cellule si legano a quelle tumorali, attivando il sistema immunitario che le eliminerà.
La rivoluzione culturale principale associata alle CAR-T, sottolinea Corradini nel suo intervento, è che questa terapia non ha lo scopo semplicemente di tenere sotto controllo la malattia senza eliminarla, ma il suo obiettivo è la guarigione del paziente ematologico.
La storia dello sviluppo delle CAR-T è iniziata nel 1992, ha avuto un culmine nel 2017, quando è stata approvata per la prima volta per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta del bambino e del giovane adulto e dei linfomi aggressivi diffusi a cellule B, ma non è certo finita: un tipo di CAR-T sarà a breve indicata anche nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta nell’adulto, mentre per il trattamento del linfoma follicolare è stata già approvata negli Stati Uniti e (una delle due molecole) anche in Europa.
“Le cellule CAR-T sono un armamentario che colpisce le patologie ematologiche maligne più comuni e che crescono con l’invecchiamento”, afferma Corradini. “Perciò questa terapia ha un impatto vero sulla vita dei pazienti”.
La medicina di precisione nell’ambito ematologico può avere declinazioni differenti: nel suo intervento, Stefano Pileri ha riportato l’esempio dello studio della neoplasia a cellule dendritiche plasmacitoidi blastiche, malattia per cui la maggior parte dei pazienti non sopravvive oltre i primi due anni al momento della diagnosi. La ridotta sopravvivenza spesso può essere fatta risalire a un ritardo diagnostico, perché questa malattia può essere confusa con una leucemia acuta, un linfoma aggressivo o un linfoma immunoblastico. Ecco perché è importante trovare metodi molecolari e bioinformatici, propri della medicina di precisione, che possano dare informazioni utili sulla diagnosi e per la prognosi della malattia ematologica. In particolare, in questo caso è stata individuata una firma predittiva del coinvolgimento del sistema nervoso centrale nella malattia: in altre parole, analizzando il tumore da un punto di vista molecolare, sono state individuate alcune caratteristiche specifiche che indicavano che esso avrebbe colpito il sistema nervoso centrale. Individuare queste caratteristiche è importante per cercare di evitare la diffusione della malattia oncologica al resto del corpo e quindi, trovare un modo di migliorare la sopravvivenza dei pazienti.