Il recente annuncio dell’Hospital Clinic-IDBAPS di Barcellona nel quale viene presentato una nuova terapia avanzata a base di cellule CAR-T contro il mieloma multiplo ha riacceso la discussione su un argomento che negli ultimi anni è stato molto dibattuto tra i ricercatori e i legislatori di diversi paesi europei, quello della mancanza di armonizzazione a livello europeo delle norme che regolano l’uso non ripetitivo di terapie avanzate.

Per terapie avanzate (Advanced Therapy Medicinal Products — ATMPs, in inglese) si intendono quei farmaci biologici che si basano sull’impiego di acidi nucleici come il DNA o l’RNA (terapia genica), di cellule (terapia cellulare) o di tessuti (terapia tessutale). Tra le terapie avanzate più conosciute ci sono proprio le CAR-T, cellule del sistema immunitario chiamate linfociti T che vengono ingegnerizzate per essere dirette contro le cellule tumorali e somministrate a pazienti con svariati tipi di tumore, tra i quali molti sono ematologici.

Il direttore dell’Unità operativa complessa di Ematologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, Marco Ruggeri, spiega che “queste terapie avanzate difficilmente arrivano a essere autorizzate alla vendita dalla Commissione europea perché le sperimentazioni cliniche su questi farmaci sono troppo dispendiose e le case farmaceutiche preferiscono investire su prodotti di uso più comune e non su medicinali che spesso sono indirizzati a pochi pazienti con malattie rare o forme rare di malattie più diffuse”. Per questo motivo, nel 2007, tra le diverse variazioni proposte dalla Commissione europea sulla direttiva 83/CE del 2001 che norma l’uso e la sperimentazione delle terapie avanzate, c’è stata anche quella che ha introdotto l’uso non ripetitivo di terapie avanzate (espressione con cui il legislatore italiano ha tradotto l’inglese Hospital ExemptionHE). Questa procedura dà la possibilità, dove strettamente necessario, di produrre e somministrare questi medicinali al di fuori del normale iter di sperimentazione e immissione in commercio. Secondo l’interpretazione degli esperti, l’espressione “uso non ripetitivo” fa riferimento al fatto che per ogni paziente si deve presentare una documentazione specifica e non è possibile ripetere la somministrazione nemmeno se diversi pazienti hanno la stessa malattia e le stesse caratteristiche fisiche e cliniche.

L’autorizzazione all’uso non ripetitivo di terapie avanzate può essere concessa solo se vengono rispettate determinate condizioni: quando il paziente ha esaurito tutte le sue opportunità terapeutiche e quando non esistano altri farmaci equivalenti già autorizzati alla vendita in Europa.

Inoltre, l’autorizzazione può essere concessa solo a strutture sanitarie pubbliche e sotto personale responsabilità del medico che prescrive la terapia. Quando il Parlamento europeo ha approvato la modifica del 2007 alla 2001/83/CE ha previsto che ogni stato membro dell’Unione europea potesse declinare secondo la propria giurisprudenza e le proprie necessità la norma sull’uso non ripetitivo delle terapie avanzate.

Ogni agenzia del farmaco nazionale ha prodotto quindi la propria normativa creando di fatto una mancanza di armonizzazione delle regole che i ricercatori e i medici dei diversi stati europei devono rispettare.

L’Italia, che ha regolamentato l’uso non ripetitivo con un decreto del Ministero della Salute del 16 gennaio 2015, è stata molto restrittiva anche perché veniva da un recente scandalo che ha coinvolto proprio il settore delle terapie avanzate, quello del caso Stamina. Altri paesi, invece, come la Germania hanno regole più permissive.


L’uso non ripetitivo di terapie avanzate

“È importante sottolineare che l’autorizzazione all’uso non ripetitivo di terapie avanzate non va interpretato come una scorciatoia ma, anzi, i farmaci prodotti grazie a questo percorso normativo devono rispettare regole molto restrittive e standard di qualità elevati”, commenta Giuseppe Astori, direttore tecnico del Laboratorio di terapie cellulari avanzate di Vicenza ed ex segretario della Società Internazionale di Terapie Cellulari.

“Prima di tutto, ogni cell factory (letteralmente “fabbrica di cellule”, ovvero il laboratorio dove si producono le terapie cellulari, ndr) deve richiedere all’AIFA l’autorizzazione per la produzione di una singola terapia per volta. L’AIFA quindi esamina nel dettaglio la cell factory e il processo produttivo e concede, o meno, l’autorizzazione per una sola indicazione d’uso (per esempio, cellule mesenchimali da cordone ombelicale per il trattamento della malattia da rigetto di trapianto di midollo osseo). Quando la cell facotry è in possesso dell’autorizzazione a produrre il farmaco può iniziare a ricevere le prescrizioni dai medici che richiedono un ulteriore passaggio regolatorio. Il medico che ha la necessità di prescrivere un farmaco per uso non ripetitivo deve chiedere il permesso ad AIFA, inviando prove scientifiche che la sua prescrizione ha senso di essere fatta in relazione alle condizioni cliniche del paziente da trattare.

Dopo che AIFA ha esaminato tutti gli incartamenti allora la cell factory può produrre il farmaco ma solamente per il paziente per il quale è stato prescritto. I medici prescrittori, quindi, devono fare richiesta per ogni singolo paziente anche se con la stessa malattia e le stesse caratteristiche cliniche”.

Le terapie avanzate per uso non ripetitivo possono essere prodotte e somministrate solo in strutture pubbliche del territorio nazionale, ma la struttura produttiva non deve per forza coincidere con la struttura che prescrive. Per esempio, nella cell factory di Vicenza possono essere prodotti dei farmaci che vengono poi somministrati in un ospedale del Lazio o del Friuli Venezia-Giulia, non solo in quello di Vicenza.

 

La mancanza di armonizzazione delle normative a livello europeo

“L’armonizzazione a livello europeo delle norme che regolano l’uso non ripetitivo di terapie avanzate è fondamentale per diversi motivi”, spiega Ruggeri. “Quando si parla di malattie rare è necessario lavorare a livello europeo. In questo modo, si riesce a mettere insieme più dati possibili sull’efficacia e la sicurezza dei farmaci che vengono somministrati”. L’uso non ripetitivo delle terapie avanzate non è da considerarsi un sostituto della sperimentazione clinica ma un passaggio propedeutico per trattare un paziente che non ha, al momento, altre opzioni e contemporaneamente per raccogliere dati per una futura sperimentazione.

“Se le case farmaceutiche acquistano il brevetto dai centri di ricerca pubblici e sviluppano il farmaco, questo potrà essere disponibile a molti pazienti. Le cell factory pubbliche hanno fondi limitati per produrre, rispetto alle case farmaceutiche”. Esiste anche un problema di rimborsabilità di questi farmaci che, non essendo approvati per la vendita, faticano a essere rimborsati dal Sistema sanitario nazionale così i laboratori di ricerca, già scarsamente finanziati, devono partecipare alla spesa con i loro fondi.

L’armonizzazione a livello europeo della normativa sull’uso non ripetitivo di terapie avanzate sarebbe quindi essenziale non solo per i pazienti, che avrebbero più possibilità terapeutiche, ma anche per il futuro della ricerca in questo settore che necessità di maggiori investimenti sia pubblici che privati.