Ogni anno, il 15 settembre si celebra la Giornata della consapevolezza sul linfoma, nata nel 2004 su proposta della Lymphoma Coalition, una rete mondiale che fornisce supporto ai pazienti con linfoma. Scopo principale della giornata è diffondere i risultati delle ultime ricerche riguardo al trattamento dei linfomi, sensibilizzando su aspetti fondamentali come l’importanza della ricerca e i problemi relativi alla malattia.
Con il termine linfoma si indica un tumore che interessa il sistema linfatico e i linfociti, cellule responsabili della risposta immunitaria che riconoscono gli antigeni estranei attraverso i propri recettori di membrana. Un linfoma si sviluppa a causa di una proliferazione incontrollata dei linfociti che sono presenti all’interno dei linfonodi, della milza, del timo e del midollo osseo. I linfomi possono essere suddivisi in due tipi:
- Linfoma di Hodgkin
- Linfoma non Hodgkin
Per contribuire a far comprendere quanto sia importante una giornata per la sensibilizzazione su temi legati a questa malattia, GIMEMA informazione ha intervistato Giuseppe Rossi, direttore operativo della Fondazione Italiana Linfomi (FIL).
Perché è importante una giornata mondiale dedicata a questo tema?
“Purtroppo nell’ambito delle patologie onco-ematologiche la prevenzione è relativamente meno importante rispetto ad altre patologie oncologiche come, per esempio, il tumore del polmone. È difficile fare prevenzione sui linfomi, ma il vantaggio di queste malattie è che possono essere curate molto bene. Queste sono fra le malattie del sangue più frequenti con oltre 40 diagnosi al giorno, praticamente due all’ora, e complessivamente circa 15.000 pazienti diagnosticati con queste malattie ogni anno. La percentuale di guariti da una patologia linfomatosa, però, è molto alta. Per questo è importante aumentare la consapevolezza su queste malattie nella popolazione.
Queste diagnosi possono essere molto impattanti a livello psicologico ma in realtà dobbiamo cercare di spiegare che possono essere solo delle brutte parentesi che si aprono e che poi si chiudono, e che per il paziente può essere tutto solo un brutto ricordo”.
Come viene trattata questa patologia?
“Come tutte le patologie del sangue, non c’è una possibilità di essere curate con la chirurgia poiché sono difficili da localizzare in un singolo punto. In compenso sia la chemioterapia che la radioterapia tradizionalmente hanno consentito di guarire una percentuale significativa di pazienti sino alla fine del secolo scorso. All’inizio del 2000 c’è stata la scoperta della possibilità di colpire specificamente le cellule della malattia con degli anticorpi monoclonali, delle proteine che riescono a riconoscere gli antigeni presenti solo sulla superficie delle cellule tumorali e, quindi, riescono a distruggerle o indirizzare trattamenti terapici su queste. In questo modo abbiamo fatto veramente un grosso passo in avanti che ha consentito anche di raddoppiare le percentuali di guarigione. Inoltre vi è l’immunoterapia che, in poche parole, consente al sistema immunitario del paziente di rivolgersi contro la propria malattia, debellandola definitivamente”.
Qual è il futuro per la ricerca sui linfomi?
“Negli ultimi anni una procedura terapeutica che viene molto utilizzata è quella con le cellule CAR-T. Queste sono cellule T del sistema immunitario che vengono modificate geneticamente in modo che siano in grado di localizzare e reagire specificamente contro le cellule del tumore, legandosi a queste e stimolando una risposta immunitaria”.
Cosa fa FIL? Qual è la storia e l’operato della fondazione?
“La FIL è il risultato della fusione, avvenuta nel 2010, di una serie di gruppi di studio che a livello nazionale si occupavano di fare ricerca clinica sui linfomi. L’anno scorso abbiamo festeggiato i primi 10 anni di attività. È una fondazione che ormai ha più di 1.000 soci e funge da collettore e organizzatore della ricerca clinica in oltre 150 centri onco-ematologici in Italia.
Organizziamo studi clinici a livello nazionale: oggi ce ne sono oltre 70 attivi su diversi tipi di linfoma, un gruppo di malattie molto diverse tra di loro.
Sono divisi in linfomi di Hodgkin e non Hodgkin, ma, questi ultimi, in realtà, possono essere più di un centinaio. Portiamo avanti questi studi secondo i principi etici che sono quelli che ci guidano da sempre per garantire che la ricerca venga effettuata secondo le norme di buona pratica clinica a garanzia dei pazienti. Importante, per questo, anche la nostra collaborazione con l’Associazione italiana contro leucemie linfomi e mieloma (AIL). Inoltre pubblichiamo bandi per giovani ricercatori e abbiamo 4 laboratori di ricerca”.
Continuare a parlare di queste patologie è fondamentale per sostenere i pazienti e le loro famiglie, dal punto di vista clinico e psicologico.